Portogallo

La piana di Khust, posta nell'Ucraina Occidentale a poca distanza dalla città di Khust, ogni anno in primavera viene ricoperta da un soffice manto bianco e profumato creato dalla fioritura di migliaia di narcisi. Uno spettacolo di incomparabile bellezza creato da un fiore in via di estinzione, il narciso appunto, per questo motivo inserito  dall’International Union for Conservation of Nature (Iucn) nella lista rossa delle specie a rischio. In questa piana alluvionale, che si sviluppa su circa 270 ettari di terreno, il narciso ha trovato il suo habitat naturale creando la più grande riserva naturale d'Europa. Una riserva, unica nel suo genere, situata a soli duecento metri sopra il livello del mare è l’ultimo habitat pianeggiante di narciso di tutta l’Europa, un fenomeno quasi unico al  mondo poiché questo fiore solitamente cresce a quote che vanno di 1.100 ai 2060 mt di altitudine. La riserva ospita, inoltre, oltre 400 specie di piante, ma il narciso è in assoluto il re. In tutto sono circa 60 le speci di narciso esistenti ma, quella che cresce spontanea nella piana creata dal fiume Tysa è quella Amarillidacea del Narcissus angustifolius, una pianta bulbosa con lunghe foglie sottili, la corona a forma di coppa e i petali bianchi o giallognoli. 

La vastissima fioritura di narcisi fa rivivere ogni anno, nel mese di maggio, proprio il Mito di Narciso che, secondo la leggenda, qui si innamorò perdutamente del suo riflesso fino al punto di morire nel tentativo di raggiungere la propria immagine. Si narra poi che al suo posto fu trovato lo splendido fiore bianco che da lui ne prese il nome…

Maggio è il mese ideale per ammirare la bianca e selvatica fioritura del narciso, detto anche fior di maggio, la cui bellezza è sempre stata fonte di ispirazione per musicisti e poeti e che qui tra il verde dei prati, l'azzurro del cielo e il dolce profumo che satura l'aria crea una dimensione surreale che inebria lo spettatore generando in lui emozioni senza pari.

 

Ushuaia 

Abbiamo letto da qualche parte che Ushuaia va meritata. Forse è proprio questo l’approccio giusto ad una città che si trova alla fine di tutto. Ushaia è infatti alla fine dell’Argentina, ma anche alla fine del Sud America, dell’intero continente americano e di tutto il mondo conosciuto.

E' una città difficile. Difficile per la distanza (sono necessarie 3 h di aereo o 57 h di pullman da Buenos Aires). Difficile anche per il clima, per la navigazione alla confluenza tra due Oceani, e per l’approvvigionamento non sempre possibile. Ed infine, Ushuaia è una città di frontiera, un crocevia di razze, culture, lingue ed obiettivi diversi che ne fanno uno dei luoghi più affascinanti del mondo. L’impressione che si avverte è quella che si è arrivati così lontano che tutto meriti di essere visto con attenzione, apprezzato, goduto perché non sarà facile avere una seconda occasione. Il consiglio è quindi quello di prendersi tutto il tempo necessario per scoprire questa regione e questa città in tutti i suoi aspetti, per conoscere qualcosa del suo passato e del suo presente e, se possibile, anche i suoi progetti per il futuro, perché non si sa mai.
Capitale dell’Arcipelago della Terra del Fuocodell’Antartide Argentina e delle Isole dell’Atlantico Sud è la città più meridionale del mondo. Si trova nella parte sud dell’isola più grande dell’arcipelago (Isla grande), nella zona argentina, a 140 chilometri da Capo Horn. Il suo nome nella lingua degli Yamanas, i suoi antichi abitanti, significa Baia alla fine del mondo.
La città si affaccia sul Canale di Beagle, uno stretto lungo circa 240 Km. che mette in comunicazione gli Oceani Atlantico e Pacifico, separando Isla Grande da altre Isole dell’Arcipelago e gode di un bellissimo panorama sulle montagne delle isole cilene di Navarino e Hoste. Ha circa 43.500 abitanti ed è in continua e disordinata crescita.

Il Canale di Beagle è di difficile navigazione per l’estrema variabilità della sua profondità che, nei punti più bassi è di appena un metro e per il suo particolare sistema di maree, alterne nella loro direzione. Molti, quindi, i naufragi, molti i relitti e grande l’importanza dei fari, come quello conosciuto come Fin del Mundo che si trova proprio a breve distanza dal porto di Ushuaia.
Terra di missione alla fine del secolo XIX (fu proprio la missione a fare di Ushuaia il primo insediamento stabile nella Terra del Fuoco), vide morire tutti i nativi Yahgan (o Yamana) che per 6000 anni non avevano avuto contatti con il resto del mondo, sterminati dalle malattie portate dai bianchi, dai cacciatori di foche o da coloni decisi ad occuparne le terre. Quattro di loro furono addirittura rapiti nel 1830, da Robert FitzRoy, comandante del celebre brigantino Inglese Beagle che esplorò la Patagonia e lo Stretto di Magellano. Il suo progetto era quello di civilizzare gli Yamana, insegnando loro l’inglese e l’uso di strumenti e attrezzi. Gli Yamana rapiti (due uomini, un ragazzo e una bambina) furono quindi portati in Inghilterra, battezzati ed esibiti in pubblico. Ma dopo la morte per malattia di uno di essi, l’opinione pubblica britannica si sollevò criticamente e FitzRoy decise di riportare indietro i tre superstiti, accompagnato in questo secondo viaggio da Charles Darwin, giovanissimo naturalista della spedizione.

Nel 1902 fu istituita ad Ushuaia una colonia penale, i cui prigionieri costruirono prima il carcere, poi la ferrovia, e poi ancora case per i carcerieri e i famigliari. Il carcere fu chiuso nel 1947 ed è oggi sede di un interessante Museo, dedicato alla storia della città.

Subito dopo la II guerra mondiale, nell’ambito di un trattato bilaterale tra Italia e Argentina che mirava allo sviluppo della Terra del Fuoco, regione considerata inabitata e ostile, oggetto di contese con il Cile, Carlo Borsari, proprietario di una falegnameria industriale e di una ditta di costruzioni a Bologna, in soli 6 mesi riuscì ad organizzare una nave (si chiamava “Genova”) che partì il 26 settembre 1948 dal porto di Genova, con tutte le sue maestranze, i macchinari e il necessario per costruire la città di Ushuaia. 619 persone tra manovali, operai, tecnici, ingegneri e architetti che salparono con 6.000 tonnellate di materiali, che andavano dalle assi di legno e ai chiodi, fino alle cucine e alle stoviglie per cucinare, passando per generatori, gru, scavatrici. La nave arrivò a Ushuaia il 28 ottobre e i partecipanti alla spedizione furono inizialmente ospitati in una parte del penitenziario e a bordo di una nave militare del governo argentino.

Il loro compito fu quello di costruire case prefabbricate in legno, strade, una fornace, una centrale idroelettrica e lo stabilimento per la produzione di legno compensato: insomma una città dove prima c’erano solo ghiacci, vento e un vecchio penitenziario e dove gli approvvigionamenti erano molto difficili, affidati quando possibile al bimotore della posta aerea e dove le navi avevano difficoltà ad arrivare perché il mare era troppo spesso in tempesta. Il contratto di Borsari era della durata di due anni e fu onorato, nonostante il freddo, la neve e l’oscurità che rendevano difficili la costruzione di opere murarie e idrauliche. Dopo il primo anno arrivò, come promesso, la seconda, attesissima, nave italiana con a bordo le famiglie delle maestranze, e così la comunità italiana di Ushuaia arrivò a 1300 persone. Dopo questi primi due, difficilissimi anni, finito il contratto, alcuni dei partecipanti alla spedizione decisero di tornare in Italia, altri restarono in Argentina, ma si trasferirono a latitudini più miti e altri ancora decisero di fermarsi a Ushuaia, città a cui avevano dato, letteralmente, la vita. Una grande e incredibile avventura, molto diversa dalle storie di emigrazione a cui siamo abituati e della quale si trova traccia nel Museo della città, nella cappella, oggi sconsacrata, detta “degli Italiani, nella toponomastica e nella cucina, ricca di piatti della più tipica tradizione italiana, come tagliatelle, ravioli, spaghettini, lasagne, ragù e pizza.

Oggi Ushuaia è una città vivace, con strade ripide e case dai tetti spioventi e coloratissime, a contrastare il grigiore di un meteo difficile per buona parte dell’anno. Il suo porto è in continua espansione anche perché è il porto più vicino all’Antartide ed è da qui che partono le grandi navi destinate alla ricerca e le crociere turistiche dirette verso il Continente Bianco. I prezzi sono, tutti in generale, molto più alti che in Argentina e Cile e questo è comprensibile, viste le oggettive difficoltà di approvvigionamento. A volte, però, sono spudoratamente alti, come, ad esempio, le escursioni turistiche.

Intendiamoci, non sono certo frodi. Si tratta di prezzi ufficiali, stampati anche sui pieghevoli del Centro Informazioni e per i pagamenti si ottengono sempre ricevute o scontrini. Ciò non toglie che sono alti e sarebbe un peccato essere arrivati fino alla fine del mondo e rovinarsi l’umore per dover rinunciare a qualcosa. Tanto vale saperlo e metterlo in conto fin dall’inizio. C’è anche la speranza che qualcosa possa presto cambiare. Alcuni fueghini, infatti, soprattutto quelli che lavorano più a contatto con i turisti, come gli autisti dei taxi, non solo si rendono conto dei malumori che tutto ciò finisce per provocare, ma sono i primi a condannare quella che ai loro occhi è una politica del turismo poco lungimirante.

Centro Informazioni Turistiche, Av. San Martin 775 - È un bel centro, facile da trovare, proprio nella vivace e colorata zona del porto turistico. Luogo utile per un orientamento su tutte le attività possibili, soprattutto per chi, come noi, decidesse di prenotare all’ultimo minuto, in base al meteo. Portate con voi il passaporto, la guida o quello che desiderate perché Ushuaia è il posto giusto per farseli timbrare, a cominciare proprio dal Centro Informazioni.

Tres Marías Excursiones, molo turistico

È l’unica agenzia abilitata per la navigazione nel Canale di Beagle con sbarco sulla piccola Isola H, che deve il suo nome al fatto che l’alta marea la divide in due e che riacquista la percorribilità della sua bassa fascia centrale solo durante le ore di bassa marea. Nel sito si legge: “l’escursione non è consigliata a persone con determinate difficoltà fisiche, bambini piccoli, bambini al di sotto degli 8 anni e donne in gravidanza”, ma non è spiegato perché e noi lo scopriremo in seguito. Probabilmente in alta stagione è bene prenotare per tempo l’escursione, ma in primavera, quando siamo andati noi, non erano sicuri di riuscire a raggiungere il numero di 11 o 12 persone necessario per partire. Una volta raggiunto il numero, si va a pagare la tassa portuale negli uffici del porto poco distanti e si attende il permesso ufficiale della capitaneria, legato alla difficile percorrenza del canale di Beagle e al suo complesso sistema di maree. Poi ci si imbarca sul Sea Gold, yacht che è decisamente più vecchiotto di quanto non appaia nelle foto del sito, e si parte. Siamo in 11, di 7 diverse nazionalità, accompagnati dal capitano e dal suo secondo, che è guida, marinaio e, all’occorrenza, pilota anche lui dell’imbarcazione.

La navigazione nel Canale di Beagle, grazie anche alla bella e luminosa giornata, è spettacolare. Il Sea Gold si avvicina prima ad un isolotto pieno di cormorani, poi ad un altro dove ci sono tantissime foche pigramente distese al sole.

Arrivati all’isola H scopriamo il senso del messaggio nel sito. Sull’isola non c’è un molo e neppure un attracco. Ci sono soltanto due grossi copertoni, messi uno sull’altro a formare un 8, legati agli scogli che in quel punto formano una parete alta e scoscesa. I copertoni servono sia per l’accostamento della barca sia per mettere un piede (letteralmente!) sull’isola.

Il poi andrebbe filmato: ci si arrampica velocemente mani e piedi sulla parete di scogli per 4 o 5 metri, fino ad arrivare al sentiero, dove si può finalmente riacquistare la posizione eretta. Una manciata di secondi, ma sufficienti per avvertire che la nostra adrenalina ha raggiunto il suo massimo. Il fatto incredibile è che, in qualche modo, effettivamente tutti raggiungiamo terra, forse perché siamo stati presi di sorpresa e non ci viene dato tempo per riflettere, forse per semplice incoscienza e sicuramente perché siamo troppo affascinati all’idea dello sbarco sull’isola deserta. E così, una volta tutti in piedi, inizia l’esplorazione su un sentierino ad anello, stretto e a tratti scosceso, ma niente di troppo complicato. C’è bassa marea, quindi riusciamo a percorrere tutta l’isola H. La vegetazione è formata da cespugli bassi, vellutati, colorati, fioriti: una meraviglia! Nella fascia più bassa la marea ha lasciato un tappeto di grandi alghe scure. Ci sono diversi tipi di uccelli, anatre e papere, che sembrano abbastanza confidenti e poco disturbati dalla nostra presenza. Arriviamo fino al punto più alto dell’isola, mentre la nostra guida ci dice che non soltanto la loro agenzia è l’unica abilitata allo sbarco, ma che possono organizzare un massimo di due escursioni al giorno, per limitare i danni dell’impatto ambientale.
Non so dire come (perché la discesa a picco con vista sul Sea Gold, che appare piccolissimo e circondato dal mare, dove si è intimamente sicuri di finire, è breve ma indimenticabile) si torna tutti sulla barca e si riparte. La nostra guida-marinaio ci offre te caldo e dolce al caramello mentre ci avviciniamo all’isolotto con il pittoresco faro a strisce bianche e rosse chiamato Fine del mondo da fotografare da varie angolature, prima di far rientro in porto. L’escursione è durata in tutto circa 3 h e ½ (e quasi 70,00 euro a testa) ed è stata una vera e insolita avventura, a contatto con una natura pressoché incontaminata. Ci sembra però utile aggiungere che per chi soffre di vertigini o non fosse in perfetta forma fisica, la navigazione su imbarcazioni più grandi, che percorrono lo stesso tragitto, ma non prevedono lo sbarco nella modalità che abbiamo descritto sembrano decisamente consigliabili. In tutti gli altri casi, ora che sapete cosa aspettarvi, sarà più semplice decidere se sia il caso o meno di vivere questa piccola avventura.

La capsula del Tempo

Poco distante dal Centro per le Informazioni Turistiche, Ushuaia ha dedicato in Av. Maipù, non lontano dalle biglietterie per le navigazioni verso l’Antartide, uno speciale pensiero al futuro: un piccolo monumento bianco con una piramide che racchiude la “Capsula del Tiempo Philco”. Al suo interno, in una scatola di acciaio, si trovano sei videodischi laser con copie di un ciclo televisivo trasmesso tra ottobre e dicembre 1992 e centinaia di messaggi che i cittadini argentini hanno voluto lasciare ai loro posteri per mostrare qualcosa del modo di vivere e di pensare del nostro tempo. La capsula è stata creata nel 1992 e sulla targa posta sul monumento si legge l’invito alle generazioni che verranno di custodirla e tramandarla per i prossimi cinquecento anni, fino al 2492 quando, 1000 anni dopo la scoperta dell’America, potrà finalmente essere aperta, completando idealmente il suo viaggio nel tempo.

Parco Nazionale Tierra del Fuego

Parco Nazionale della Terra del Fuoco. Il Parco si estende lungo le sponde del Canale di Beagle per 630 Kmq. È stato istituito nel 1960, primo parco costiero dell’Argentina. Si trova a meno di 12 Km dalla città di Ushuaia, lungo la strada nazionale 3 (RN3).

La parte accessibile ai visitatori è solo una frazione di esso, lungo il confine meridionale: circa 2000 ettari, dove è possibile effettuare belle e facili passeggiate e dove ci sono anche dei campeggi . Tutto il resto è considerata riserva naturale, inaccessibile al turismo. Il Parco è particolarmente bello con i colori autunnali, ma è comunque interessante anche in primavera e in estate per le specie animali (in particolare uccelli) e vegetali (coihue, canelo e lenga) che ospita. Visibili anche i danni apportati dall’incauta introduzione dei castori canadesi, avvenuta nel 1946 con l’obiettivo di introdurre nel Paese l’industria delle pellicce. Purtroppo le diverse condizioni climatiche e la mancanza di predatori naturali hanno determinato pellicce di scarsa qualità e un’altissima diffusione dei castori, che, dopo aver conquistato la Terra del Fuoco, hanno raggiunto la terraferma, e invaso Argentina e Cile. I danni apportati al territorio sono ingenti, anche perché gli alberi, che in tempi relativamente recenti hanno conquistato la Terra del Fuoco, sono molto più delicati della flora canadese e incapaci di sopravvivere nei ristagni d’acqua creati dall’infaticabile opera ingegneristica dei castori, abili costruttori di dighe. Nel Parco è possibile visitare la Castorera, oggi abbandonata, per farsene facilmente un’idea e capire la generale necessità di proteggere gli ecosistemi esistenti.

Per visitare il Parco ci si può affidare a tour organizzati, a navette e a taxi privati, con prezzi compresi tra i 500 e i 1100 pesos (20-45 euro circa) a testa, ai quali si aggiunge il biglietto di ingresso al Parco. Prezzi alti, considerando la vicinanza del Parco alla città. Noi abbiamo scelto quello che ci è sembrato il male minore: la navetta, che si limita a percorrere il breve tratto di strada da Ushuaia, a lasciare i passeggeri ad una delle fermate disseminate nel parco, a fornire loro una mappa non del tutto comprensibile e tornare poi a riprenderli ad orari stabiliti. Dopo la sosta all’ingresso del Parco per pagare i biglietti (350 pesos, pari a 15 euro circa), ci siamo fatti lasciare in uno dei punti più evocativi del Parco, quello dove ufficialmente termina la RN3, dopo un percorso di 3045 Km. lungo tutto il lato est dell’Argentina. Di lì abbiamo fatto una lunga passeggiata a piedi e, nonostante lo scarso supporto della segnaletica, siamo riusciti a visitare (forse non nell’ordine giusto) Bahia Lapataia e il suo spettacolare Mirador, la Laguna Negra, la Laguna Verde, la Torbiera (che si calcola abbia 14.000 anni e che è fondamentale per lo studio stratigrafico di quella zona) e la Castorera.

Abbiamo concluso il nostro itinerario al Centro Visitatori Alakush, dove è possibile apprendere qualcosa in più sul Parco e sulle popolazioni che lo hanno abitato prima dell’arrivo degli europei e dove è possibile mangiare buone empanadas calde e prendersi un caffè, in attesa dell’arrivo della navetta di ritorno. Ad essere critici c’è da dire che, con una migliore segnalazione dei sentieri, si potrebbe utilizzare meno la strada principale, continuamente percorsa da pullman e navette, godendo di più il Parco. In tutti i casi, i luoghi meritano davvero: nel Parco ci sono stagni, laghi, corsi d’acqua, piante spettacolari, molte delle quali erano in piena fioritura al momento della nostra visita, e molti animali, come falchi, aquilotti e molti diversi tipi di anatre e papere, alcune delle quali in coppia, che si chiamano tra loro con una sorta di musica che avremmo tanto voluto registrare. E’ molto frequente anche l’avvistamento dei Condor che, però, volano ad altezze vertiginose e spesso sono poco più puntini nel cielo.

Giorno 13 Ushuaia, Alla scoperta della storia, della cultura e delle tradizioni della Terra del Fuoco: il Museo Fin del Mondo e il Museo Marittimo e del Presidio
Museo Fin del MondoMaipú 173, ingresso gratuito. Il Museo, nato nel 1979 per raccogliere e tramandare la storia dell’isola è ospitato in due diverse sedi, entrambe costruzioni storiche di Ushuaia, come l’antica sede del Banco de La Nacion che si trova in Av. Maipu 173. Il Museo è un punto di riferimento e testimonianza per la storia degli Yámana e di altre antiche popolazioni di quest’isola, con una raccolta di reperti, manufatti, utensili, vestiti e foto che coprono un arco di tempo di circa 8000 anni. C’è una sala dedicata ai numerosi naufragi avvenuti nel Canale di Beagle (meravigliosa la polena della Duchessa di Albany, nave inglese naufragata nel 1893) e un’altra alla storia del carcere di Ushuaia e dei suoi ospiti (temi che sono ripresi e approfonditi nel Museo Marittimo e del Presidio); vi sono sale dedicate alle Missioni anglicane, alle diverse spedizioni che si sono succedute, fino ad arrivare al pilota tedesco che sorvolò Capo Horn. Vi è anche un’esposizione sulla fauna locale, con esemplari impagliati e la minuziosa ricostruzione di un antico magazzino, la cui importanza va considerata pensando al fatto che le forniture arrivavano a Ushuaia via mare soltanto ogni tre mesi. Era in questi empori che si vendeva tutto ciò che si poteva acquistare: cibo, vestiti, libri, strumenti musicali. I proprietari dovevano essere abili e responsabili nel pianificare gli acquisti per garantire la sopravvivenza e soddisfare le esigenze di tutti gli abitanti di Ushuaia per un arco di tempo così lungo.

Museo Marittimo e del PresidioYaganes Y Gobernador Paz. Ex Presidio

Il Museo è ospitato nell’antico carcere di Ushuaia, costruito dai detenuti appositamente trasferiti tra il 1906 e il 1920. Si tratta di un grande edificio a due piani, che si protende con 5 grandi bracci, disegnando quello che può sembrare la metà di un gigantesco fiocco di neve. Il penitenziario restò in funzione fino al 1947, arrivando ad ospitare fino a 800 prigionieri contemporaneamente. Ora, ad eccezione di un’ala che è stata lasciata com’era per consentire ai visitatori di farsi un’idea delle difficili condizioni in cui vivevano i carcerati, è sede museale e di mostre d’arte temporanee. Ospita anche una biblioteca, e un negozio.
Il Museo del Presidio ricostruisce la storia dell’edificio, della vita carceraria e della biografia di alcuni detenuti particolarmente noti, ricreando i fili che hanno legato il carcere alla costruzione della città. Nel Museo Marittimo si trova invece la ricostruzione storica delle spedizioni che, nel tempo, hanno collegato la Terra del Fuoco al resto del mondo, dalle prime esplorazioni ai nostri giorni, passando per i numerosi naufragi, per la guerra per Isole Malvine (guai qui a chiamarle Falkland!) e per i flussi di immigrazione che si sono succeduti. Bellissime le mappe originali e splendidi i modellini delle diverse imbarcazioni. Nella cella dedicata all’Italia, si può scoprire una storia originale e non troppo nota: quelli di Carlo Borsari, delle sue maestranze bolognesi, delle due navi italiane partite da Genova alla volta di Ushuaia e del grande progetto di costruzione della città che impegnò per due anni più di 1300 italiani, tra lavoratori e familiari.
L’ingresso al complesso museale è a pagamento (400 pesos, pari a circa €16,50 a persona), il biglietto è valido 48 ore e c’è la possibilità di effettuare visite guidate in spagnolo e inglese in alcuni periodi dell’anno.

Ushaia Parco Yatana

Il Parco Yatana è un piccolo spazio verde della città, sottratto alla continua e disordinata opera di costruzione che sta distruggendo il bellissimo bosco circostante. Pur avendo le dimensioni di un isolato è un luogo simbolico, a testimonianza della forza di opposizione di una sola famiglia che nel 2004 è riuscita ad ottenere ufficialmente dal Comune di Ushuaia la salvaguardia di questo bosco nativo di alberi di lenga, con l’obiettivo di dedicarlo alla trasmissione dei saperi delle culture originarie. Oggi è sede di corsi, seminari e laboratori per adulti e bambini. Periodicamente ospita anche interessanti mostre d’arte, come la Biennale Intercontinentale di Arte Indigena.

 

Il Cruce Andino è davvero un viaggio nel viaggio, un’avventura assolutamente da non perdere! È un percorso che collega, attraverso le grande alture della Cordigliera delle Ande, San Carlos de Bariloche (Argentina) a Puerto Varas (Cile).
Il viaggio, che comprende la navigazione di tre splendidi laghi collegati da quattro tratti di terra da effettuare in pullman all’interno di grandi parchi nazionali, è lo stesso che, alla fine del 1800, era stato messo a punto per il trasporto della lana delle pecore argentine che, da San Carlos de Bariloche, raggiungeva prima Puerto Montt in Cile per navigare poi verso i mercati europei, attraverso lo Stretto di Magellano.
Il mercato della lana subì il blocco totale durante la I guerra mondiale e, con l’apertura del Canale di Panama (iniziata nel 1907 e conclusa nel 1914), questa importante organizzazione, che riuniva lavoratori e risorse di Cile e Argentina, risultò improvvisamente obsoleta.
Fu in quel periodo che la storia di questo itinerario si intreccia con quello di un pioniere svizzero amante della natura, Ricardo Roth, e di Francisco (Perito) Moreno, il grande esploratore argentino che fu chiamato anche dirimere il conflitto dei confini di stato tra Argentina e Chile. Insieme Roth e Moreno lavorarono per creare il primo parco nazionale cileno (il Parco Vicente Pérez Rosales) e per riconvertire la via della lana in uno dei più affascinanti percorsi turistici ancora oggi esistenti. Il primo Cruce Andino risale al 1913.
L’intero percorso (180 Km.) dura una intera giornata (11 ore), ma, allo stesso prezzo, si può anche dividere in tappe, come è ben spiegato nel sito Internet. Si effettua tutti i giorni dell’anno, con qualsiasi condizione climatica. È accompagnato da guide che parlano spagnolo e inglese e prevede un’assistenza totale per i bagagli, che vengono presi in carico all’inizio del tour e riconsegnati alla fine, davanti all’albergo o nel luogo concordato.

Questo è l’itinerario del Cruce Andino se si procede dal Cile all’Argentina (e viceversa, se si parte dall’Argentina):

PUERTO VARAS - PETROHUE

Partenza in pullman da Puerto Varas attraverso la sponda meridionale del lago Llanquihue fino al fiume Petrohué. Piccola sosta per visitare le famose cascate del fiume omonimo. Si prosegue poi fino al porto di Petrohué. 56 Km. 1 ora e 40 minuti in autobus, altezza massima raggiunta: 150 m. sul livello del mare

PETROHUE - PEULLA

Partenza dal porto di Petrohué a bordo di un catamarano e attraversamento del lago Todos los Santos, chiamato anche "Lago Smeraldo" per il colore delle sue acque. Durante la traversata si gode della magnifica vista del vulcano Osorno e degli scorci dei vulcani Puntiagudo e Tronador.>Arrivo a Peulla, con possibilità (non comprese) di sosta pranzo in ristorante, o attività di esplorazione del territorio
20 miglia nautiche - 1 ora e 40 minuti di navigazione, altezza massima raggiunta: 150 metri sul livello del mare

PEULLA - PUERTO FRIAS

Dopo aver eseguito le procedure di polizia internazionale e dogana sul lato cileno, il viaggio prosegue in pullman attraverso la Cordigliera delle Ande, dove si osserveranno la fredda foresta "Valdiviana" e le sue imponenti montagne. Poi si arriva a Puerto Frías, il punto più alto del percorso, posto a 976 metri. di altezza. Qui si effettuano le procedure di polizia e dogana internazionali per entrare in Argentina.
27 km - 2 ore in pullman (comprese le procedure doganali), altezza massima raggiunta: 976 m. sul livello del mare.

PUERTO FRIAS - PUERTO ALEGRE

Breve navigazione attraverso le acque verdi di origine glaciale del lago Frias e arrivo a Porto Alegre. 4 miglia nautiche - 20 minuti di navigazione, altezza massima raggiunta: 762 m. sul livello del mare.

PUERTO ALEGRE - PUERTO BLEST

Una breve corsa in autobus porta, attraverso una foresta di larici, a Puerto Blest.3 Km - 15 minuti in autobus, altezza massima raggiunta: 756 m. sul livello del mare.

PUERTO BLEST - PUERTO PAÑUELO

Navigazione sulle acque blu del lago Nahuel Huapi a bordo di un catamarano.15 miglia nautiche - 1 ora 5 minuti di navigazione, altezza massima raggiunta: 756 m. sul livello del mare.

PUERTO PAÑUELO - BARILOCHE

Partenza da Puerto Pañuelo in pullman fino al Terminal del Cruce Andino di San Carlos de Bariloche

APPROFONDIMENTI DEL CRUCE ANDINO

  • Puerto Varas. È una delle mete più importanti del turismo cileno, punto di passaggio per accedere al territorio argentino, con il quale è collegata grazie al Passo Internazionale Vicente Peréz Rosales. È un luogo di grande bellezza naturale, affacciato com’è sulla rive del Lago Llanquihue, di fronte ai vulcani Osorno e Calbuco. È considerato un importante centro commerciale per l’artigianato, per i prodotti del mare e per la carne. 
  • Lago Llanquihueche nella lingua dei Mapuchesignifica “luogo sommerso”, ha una superficie di 877 Km quadrati, ed è per estensione il secondo lago dello Stato cileno. Sulle sue coste si affacciano piccole e pittoresche città, come Puerto Varas, Llanquique, Frutillar e Puerto Octay, dove si parla tutt’ora anche il Lagunen-deutsch, che era il dialetto degli immigrati tedeschi che giunsero in questi territori nel corso del XIX secolo. Sulle sue sponde abbonda una vegetazione composta di lengas, larici, coigües e felci, nelle quali vivono volpi e gheppi.
  • Vulcano Osorno. È il vulcano che, con i suoi 2652 metri di altezza ed il suo cono perfetto, disegna il fantastico panorama di Puerto Varas. Si trova all’interno del Parco Nazionale cileno Vicente Pérez Rosales ed è meta di escursioni e attività sportive durante tutte le stagioni dell’anno. La sua ultima eruzione, che fu osservata anche da Charles Darwin, risale al 1835. 
  • Vulcano Calbuco. È una delle mete preferite per chi ama l’alta montagna e l’alpinismo ed è anche molto apprezzato per le sue acque termali. È un vulcano attivo. La sua ultima eruzione, nel 2015, fu fortunatamente senza vittime, ma creò molti problemi per l’enorme quantità di cenere vulcanica che ricoprì i territori circostanti, soprattutto sul versante argentino delle Ande, bloccando gli aeroporti e l’attività turistica per mesi. 
  • Saltos del Petrohuéè un luogo di grande e suggestiva bellezza, da godere pienamente sul luogo e con tutti i sensi, perché è talmente grande e maestoso che è davvero difficile riuscire a “catturarlo” con una macchina fotografica. Il paesaggio è, infatti, dominato in alto dal vulcano Osorno che risplende nella luce del giorno. Poi lo sguardo si abbassa alla sua base, dove le foreste, per contrasto, appaiono fitte e scure, per arrivare poi alle cascate del fiume Petrohué, impetuose, rumorose, che riempiono l’aria di vapore e spruzzi, passando tra rocce vulcaniche e formando piscine naturali dall’acqua color smeraldo, circondate da una lussureggiante vegetazione. Un paesaggio unico e davvero fantastico. 
  • Lago Todos los Santos, di origine glaciale, chiamato anche il Lago Smeraldo per il suo splendido colore. Si trova all’interno del Parco Nazionale cileno Vicente Pérez Rosales. Il lago è popolato da trote e salmoni ed è circondato dai vulcani Osorno, che lo separa dal Lago Llanquihue, Puntiagudo e Monte Tronador. Le sponde sono caratterizzate da una esuberante vegetazione di coigües e olivi.
  • PeullaÈ un piccolo porto sulla sponda orientale del lago Todos los Santos. Ha la caratteristica di essersi reso autonomo dal punto di vista energetico, sfruttando le risorse idriche della zona, e di essersi votato al turismo, facendone un’impresa che occupa praticamente tutti gli abitanti. Per chi partecipa al Cruce Andino dal Cile, per esempio, Peulla offre la possibilità di sostare per il pranzo nel suo ristorante. Per chi invece preferisce esplorare il territorio, c’è la possibilità di compiere escursioni a cavallo o di fare un divertente safari fotografico a bordo di un improbabile mezzo anfibio, a forma di cinghiale.

Pranzo ed escursioni non sono comprese nel biglietto del Cruce Andino.

  • Parco Nazionale Vicente Pérez Rosales. Il Parco ha una superficie di 2310 Km quadrati ed è il parco nazionale più antico del Cile, istituito nel 1926. Al suo interno si trovano le cascate formate dal fiume Petrohué, le cui acque scorrono attraverso formazione geologiche uniche, di origine vulcanica. Da questa zona un sistema di sentieri porta al Lago Todos los Santos, circondato da foreste di coigúes (Nothofagus nitida), ulmos (Eucryphia cordifolia) e olivillos (Aextoxicon punctatum). Il Parco, nel quale vivono pudu, puma, puzzole e tagua, è circondato dalle magnifiche cime innevate dei vulcani Osorno, Puntiagudo e Tronador, che si trovano tutti all’interno del Parco. 
  • Lago Frías. È un lago di origine glaciale, situato nel Parco Nazionale Nahuel Huapi, nella provincia di Río Negro, in Argentina, nel dipartimento di San Carlos de Bariloche. Ha una forma ovale, circondata, nella parte orientale e occidentale da pareti rocciose ripide, ricoperte di vegetazione, che ricordano i fiordi. È considerato il sito della repubblica argentina con la più alta quantità di precipitazioni annue. Il lago è alimentato da numerosi corsi d’acqua. Il principale è il torrente Frías, che fornisce acqua proveniente dai ghiacciai del Cerro Tronador. Il contributo dei sedimenti di queste acque conferisce al lago un bellissimo colore turchese, tanto che il lago Frías è una delle mete turistiche più visitate del Parco Nazionale Nahuel Huapi. Durante l’inverno, alcune parti del lago ghiacciano, donando al paesaggio una bellezza emozionante. Sulla sponda meridionale del lago c’è il piccolo Porto Frías, dove ci sono gli uffici di frontiera della gendarmeria argentina e per le migrazioni
  • Vulcano Tronador. È un vulcano considerato spento perché non si hanno notizie storiche sulla sua attività vulcanica. Si trova al confine tra Cile e Argentina e separa il Parco Nazionale Vicente Pérez Rosales, in Cile, dal Parco Nazionale Nahuel Huapi, in Argentina. Ha tre cime, di cui una in Argentina, alta 3200 metri e due in Cile, alte rispettivamente 3320 e 3491 metri. La più alta è quella che separa le due nazioni.
  • Puerto Pañuelos. È un porto passeggeri che si trova sulla penisola di Llao Llao, sul lago Nahuel Huapi, a 25 Km. a ovest della città di San Carlos di Bariloche. Fu costruito nel 1965, come punto di partenza per le escursioni sul lago e per raggiungere il Cile, attraverso il Passo Pérez Rosales.

Come ci siamo organizzati per il Cruce Andino.

Abbiamo pensato di fare un viaggio di andata San Carlos de Bariloche (Argentina) – Puerto Varas (Cile) in pullman di linea Andesmar, acquistando i biglietti sul sito  e il percorso inverso Puerto Varas-San carlos de Bariloche acquistando i biglietti per il Cruce Andino sul sito dedicato. Questa scelta ci ha dato la possibilità di effettuare la traversata delle Ande su due diversi itinerari e, al tempo stesso, di contenere i costi. Per chi avesse problemi relative alle altitudini, si consideri che nel viaggio di andata, il pullman raggiunge il passo Cardenal Antonio Samoré, a 1314 metri: è questa l’altezza massima dell’intera traversata andina. Il percorso del Cruce Andino (pullman e catamarani) rimane al di sotto dei 1000 metri (976 m slm).

Da Bariloche a Puerto Varas (Cile)(giorno 1)

Lasciamo i trolley nell’hotel di Bariloche e un remís ci porta al terminal dei Pullman. Partiamo puntuali alle 10.00. Questa volta il viaggio è lungo e il pullman è grande, a due piani. Le poltrone, ben imbottite e con rivestimento in cuoio, sono decisamente comode e possono essere interamente o parzialmente reclinabili. Come su un aereo, ci sono informazioni video su come allacciare le cinture, sulla opportunità di controllare la velocità del mezzo (che compare in un apposito pannello) e vengono trasmessi film per tutta la durata del viaggio. A bordo c’è anche il bagno e vengono serviti spuntini e panini, compresi nel prezzo.
Se si volesse ripetere il nostro percorso, senza la necessità di lasciare il bagaglio a San Carlos de Bariloche, si tenga presente che il pullman fa una brevissima sosta per far salire passeggeri al Terminal di Villa La Angostura e che quindi il viaggio per la traversata delle Ande si può iniziare anche da questa cittadina.
Alla frontiera Argentina si scende tutti dal pullman per il controllo dei passaporti.

Dopo la frontiera, la strada comincia a salire sulla Cordigliera delle Ande attraverso una bellissima foresta, fino a raggiungere il passo Cardenal Antonio Samoré, a 1314 metri, dove si arriva a sfiorare chiazze di neve disseminate qua e là. Dopo il passo, la strada inizia a scendere e si passa in mezzo a boschi completamente secchi e a cumuli di cenere vulcanica, alternati a bei tratti di foresta.
Alla frontiera cilena ci si ferma e si scende di nuovo dal pullman, questa volta vengono scaricati anche tutti i bagagli e le guardie di frontiera li ispezionano, assistiti da cani addestrati. È opportuno sapere che non soltanto ci sono una serie di articoli che non si possono importare (soprattutto oggetti fatti con alcuni tipi di legno o con parti di animali), ma non si possono neppure portare piante, fiori, frutta, semi… tutto quello che può contaminare e mettere a repentaglio gli ecosistemi locali. Finito il tratto andino, la strada attraversa un paesaggio molto diverso da quello argentino. Ci sono campi coltivati, fattorie, case che sembrano ispirarsi all’architettura razionale.
Puerto Varas non c’è un vero Terminal dei Bus, ma l’orientamento non è difficile, perché basta scendere verso il lago per trovare il centro della cittadina, che sembra una cartolina. È, infatti, affacciata sul lago Llanquiue, esattamente di fronte al cono bianco e perfetto del vulcano Osorno e a quello meno coreografico, ma pur sempre sorprendente del vulcano Calbuco, considerato uno tra i più pericolosi vulcani del Cile. La sua ultima eruzione, nel 2015, ha provocato danni ingenti, cumuli di ceneri tuttora presenti soprattutto sul versante argentino e la chiusura degli aeroporti.

Giorno 2: Cruce Andino da Puerto Varas (Cile) a San Carlo de Bariloche (Argentina)

L’avventura ha inizio alle 8,15 di fronte agli uffici Turistour, in Del Salvador 72, in Puerto Varas, dove ci aspetta il pullman cileno con guida cilena che parla sia spagnolo, sia inglese. Si parte con puntuale rispetto dell’orario e si costeggia per un buon tratto il Lago Llanquihue, lungo la ruta 225, mentre la guida ci racconta che questa strada ha una storia relativamente recente e che prima i collegamenti erano possibili solo tramite barche a vapore.
Questa è una zona molto piovosa e spesso le nuvole celano il meraviglioso paesaggio circostante ma, con un po’ di fortuna, lungo tutto il percorso si ha la piena e spettacolare vista del vulcano Osorno, la cui ultima eruzione, osservata da Charles Darwin, risale al 1835. Ci si ferma a Saltos del Petrohue, dove si entra nel Parco Nazionale Vicente Pérez Rosales e dove si resta addirittura senza fiato di fronte a questo incredibile spettacolo naturale che riesce a riunire in un solo colpo d’occhio il perfetto cono di un vulcano, una foresta lussureggiante, spettacolari rocce vulcaniche e acque vorticose del fiume in un crescendo di rumore, vapore e spruzzi d’acqua, che va aumentando a mano a mano che ci si avvicina alle cascate.
Il viaggio prosegue su una strada sterrata che costeggia il fiume Petrohuè e regala la vista ravvicinata del vulcano Calbuco, molto più pericoloso del precedente, la cui ultima improvvisa eruzione, nel 2015, provocò una colonna di cenere alta 17 Km che i venti del Pacifico spinsero in Argentina, dove provocò gravissimi danni alla fauna e bloccò aeroporti e attività turistiche per 4 mesi.
Questo primo tratto di percorso si conclude al Porto Petrohué, sulla riva del lago Todos Los Santos, dove ci aspetta il grande catamarano “Lagos Andinos”.

La traversata del Lago (chiamato anche Esmeralda per lo spettacolare colore dell’acqua dovuto ai sedimenti e ai minerali delle acque di origine glaciale che lo formano) dura circa 1h e 45 minuti ed è, grazie anche alla bella giornata di sole, davvero spettacolare: nessuna foto, per quanto ben riuscita, può rendere merito a tanta bellezza. Si riesce a vedere anche il grande vulcano Tronador, spesso nascosto tra le nuvole, che è considerato ormai spento e che ha ben sette ghiacciai. Si arriva al molo di Peulla, piccolo centro di 320 abitanti, orgogliosi della loro autosufficienza energetica, legata al pieno sfruttamento delle risorse idriche disponibili, che conta un hotel con ristorante, un ufficio postale, una scuola (che attualmente ha 7 studenti e 1 insegnante) e una caffetteria. Qui tutti, direttamente o indirettamente, lavorano per il turismo.
A questo punto si può scegliere se pranzare, se fare un’escursione a cavallo o un safari fotografico, tutte attività opzionali, non comprese nel biglietto del Cruce Andino. Decidiamo per l’improbabile mezzo anfibio chiamato Jabalì, dalle vaghe sembianze di un cinghiale, con il quale raggiungiamo l’inesistente centro di Peulla, una grande fattoria con molti animali (tra cui alpaca, lama, pecore, capre, pavoni e cavalli), dove si può assaggiare e comprare miele locale. Ci spiegano intanto che siamo a solo 160 metri slm, in una zona dove piove molto, ma non nevica mai e dove l’acqua è tutta potabile. Si guadano per tre volte corsi d’acqua prima di arrivare al Rio Negro, qui ci si ferma, si assaporano un buon succo di frutta e i biscotti che ci vengono offerti dalle guide e poi ci si imbarca su un piccolo e strano battello per una breve navigazione. L’idea è quella di risalire il Rio Negro, fino ad un punto in cui si è completamente circondati da acqua e piante. Si è allora invitati a chiudere gli occhi e fare silenzio per ascoltare la natura: il vento che soffia tra gli alberi, l’acqua che scorre tutta intorno a noi e il richiamo degli animali, soprattutto uccelli e anatre. Un breve e suggestivo momento dal quale si fa fatica a staccarsi per riprendere il percorso di ritorno, che si conclude davanti all’albergo, dove sono in attesa i pullman per il secondo tratto terrestre.
La prima sosta è alla dogana cilena. Dopo il controllo dei passaporti, anche se si è formalmente usciti dal Cile, ci sono in realtà ancora 25 Km di strada, prima di arrivare alla frontiera Argentina, dove finisce il Parco Rosales, cileno, e inizia il Parco Nahuel Huapi, argentino.

La strada che si percorre è sempre la ruta 225, che, all’interno del Parco, è poco più di un sentiero, non è asfaltata ed è corsia unica, con accesso consentito solo ai mezzi del Parco e a quelli del Cruce Andino. Gli autisti sono tutti collegati via radio e si accordano di volta in volta per consentire il passaggio dei mezzi che procedono in senso inverso. Insomma una vera avventura in un territorio di fatto inaccessibile ai visitatori, dove vivono pudù, volpi, gatti selvatici, puma e condor. Non ci sono invece animali velenosi.
Costeggiamo per un tratto il rio Peulla che ha origine dai ghiacciai del vulcano Tronador ed è il responsabile del meraviglioso colore smeraldo del lago Todos los Santos ed è proprio in questo tratto del percorso che vediamo avvoltoi e condor intenti a mangiare sul greto del fiume. Essendo, come tutti sanno, animali “caroñeri”, evitiamo di indagare sulla tipologia del loro cibo. Vediamo degli esemplari di Arrayanes, alberi dal caratteristico colore giallo cannella, che pare siano stati di ispirazione a Walt Disney per il film Bamby. Si fa una brevissima sosta per fotografare il portale di legno che segnala l’ingresso in Argentina e poi si prosegue fino alla dogana, a Puerto Frias, dove vengono scaricati tutti i bagagli, ma solo alcuni di questi vengono selezionati per il controllo, fatti aprire dai proprietari ed ispezionati in dettaglio, senza che si riesca a capire il criterio utilizzato. Dopo il timbro sul passaporto si è liberi di uscire e di passeggiare in attesa del catamarano.
Ed è qui che ci attende una sorpresa. A Porto Frias c’è infatti una installazione commemorativa del viaggio che il giovane Ernesto Guevara compì nel 1951 insieme al suo amico Alberto Granado attraverso l’America Latina. Il viaggio, a bordo di una vecchia motocicletta, “la Poderosa”, li portò ad attraversare le Ande esattamente dove ora c’è una grande mappa del loro viaggio, un modello della mitica Norton 500 M18 del 1939 e foto originali, unite a quelle tratte dal film di Walter Salles del 2004 I diari della motocicletta, ispirato alle note di viaggio dei due ragazzi.
Una volta espletate tutte le formalità doganali, salutiamo la guida e l’autista cileni e saliamo su un nuovo catamarano, più piccolo dei precedenti, dove ci accoglie una guida argentina, che parla anch’essa spagnolo e inglese. Anche il Lago Frias, che attraversiamo per arrivare a Puerto Alegre è più piccolo dei precedenti. Lungo il tragitto, che dura solo una ventina di minuti, vediamo ancora una volta il Vulcano Tronador e, ancora una volta, ci dicono che siamo fortunati per la splendida giornata piena di sole in una zona dove piove almeno per 200 giorni all’anno.
Puerto Alegre ci aspetta un pullman, ovviamente argentino, che ci porta fino a Puerto Blest in un percorso non asfaltato di soli 3 Km all’interno del Parco Nahuel Huapi, dove si incontrano parecchi escursionisti a piedi. A Puerto Blest c’è una grande e confortevole caffetteria dove prendere un caffè, in attesa della partenza dell’ultimo catamarano della giornata, quello che ci porta a Puerto Pañuelo, attraverso un ramo del lago Nahuel Huapi, il lago più grande del nord della Patagonia.
Il catamarano compie una traversata di 25 Km in un’ora circa e si passa in quello che sembra un grande e bellissimo fiordo che, piano piano, va aprendosi, mentre i gabbiani si tuffano nella scia che lasciamo dietro di noi. La luce è spettacolare e l’andatura della barca è maestosa, stabile, fantastica. Siamo fuori a goderci quest’ultima parte di navigazione.
Arrivati a Puerto Pañuelos saliamo sui pullman che ci stanno aspettando e l’organizzazione perfetta del Cruce Andino fa sì che anche i bagagli che ci hanno misteriosamente seguiti fin qui vengano correttamente smistati e che ognuno di noi venga lasciato, circa 45 minuti dopo, davanti al suo albergo di San Carlos di Bariloche, completo di tutto il suo equipaggiamento. Un esempio da manuale di impresa cileno-argentina!

Il nostro viaggio in Patagonia comincia dalla Ruta 40 dei sette laghi da San Martin de Los Andes a Villa La Angostura

Ruta 40 dei sette laghi da San Martin de Los Andes a Villa La Angostura. A San Martin de Los Andes, ci siamo concessi un piccolo lusso: una macchina privata con guida-autista ci aspettava in aeroporto per accompagnarci a Villa La Angostura, lungo la fantastica Ruta 40, in uno dei suoi tratti più spettacolari, quella dove prende il nome di Via dei sette Laghi.
Un’esperienza interessante, grazie ad una persona esperta del territorio, che, mentre ci accompagnava, andava descrivendo il contesto dal punto di vista storico, naturalistico, culturale e antropologico.  E, mentre si passava dall’incredibile steppa patagonica alle inaspettate foreste andine che circondano i laghi, lui descriveva la flora e la fauna e ci raccontava di eruzioni vulcaniche (anche molto recenti) e dei loro effetti, facendoci sostare in luoghi strategici (come il punto in cui un ruscello si divide in due per andare a sfociare uno nell’Oceano Atlantico e l’altro nel Pacifico) o spettacolari, dove scattare splendide foto o osservare da vicino il grande falco aguilucho.
È dai suoi racconti che abbiamo iniziato a capire anche qualcosa della difficile situazione dei Mapuche, i nativi proprietari del territorio.
Avremmo potuto fare questo tratto in autobus e risparmiare parecchio denaro o anche affittare una macchina e guidare lungo questo percorso.
In realtà siamo felicissimi di aver avuto questa idea: le chiavi di lettura che ci ha fornito la nostra guida quel pomeriggio ci sono state utili anche in seguito, durante tutto il nostro viaggio.
Per chi volesse ripetere questo tipo di esperienza, raccomandiamo la guida Pablo dell’Agenzia El Refugio di San Martin de Los Andes e suggeriamo, se possibile, di programmare il percorso in un giorno festivo, quando la mitica Ruta 40 è particolarmente godibile perché non vi transitano i mezzi pesanti.

Parco Nazionale de Los Arrayanes

Con una passeggiata a piedi di circa 3 km (alternativa possibile in taxi o navetta a orario) da Villa La Angostura si arriva al lago di origine glaciale Nahuel Huapi, dove inizia il Parco Nazionale de Los Arrayanes, che occupa l’intera penisola di Quetrihué. Due diversi punti di imbarco di catamarani e qualche piccola barca privata danno la possibilità di raggiungere l’estremità opposta del parco, dove si trova la maggiore concentrazione di esemplari secolari di Arrayanes, spettacolare specie di piante, appartenente alla famiglia delle mirtacee, dal caratteristico color giallo cannella. Gli Arrayanes hanno la particolarità di avere tronchi levigati, senza una vera corteccia. La poca che hanno, la perdono a zone, così che assumono un aspetto maculato. Un’altra particolarità è che gli Arrayanes sono sempre freddi al tatto, anche quando si trovino esposti in pieno sole.
Nelle belle giornate il viaggio, di circa 1 ora, in catamarano è decisamente godibile e c’è una guida del parco che lo accompagna con le sue spiegazioni che riguardano il lago, il parco, la flora e la fauna. Arrivati al molo di attracco, un percorso ad anello di passerelle di legno consente di addentrarsi in un bellissimo tratto di foresta e di avvicinarsi agli esemplari più maestosi di Arrayanes. Il percorso guidato dura 1 ora e termina alla Casina del Te, dove si ha giusto il tempo di prendere una bevanda calda e magari una buona fetta di torta, prima che l’imbarcazione inizi il viaggio di ritorno.
In alta stagione è opportuno prenotare il passaggio in catamarano o in barca. L’alternativa è attraversare a piedi il parco, tenendo presente che la penisola è lunga 12 km e che si impiegano circa 3 ore per percorrerla da un estremo all’altra.

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In Pullman di linea da Villa La Angostura per San Carlos de Bariloche. Il viaggio dura 1 ora. Per buona parte del percorso si costeggia il lago Nahuel Huapi, che regala bei paesaggi. Nell’ultimo tratto, la strada si allontana da lago per addentrarsi gradualmente nella steppa patagonica, fino ad essere completamente immersi in un incredibile paesaggio desertico che si estende in ogni direzione. Poi cominciano a comparire le prime case, la periferia e infine la città di San Carlos de Bariloche. 

Traversata delle Ande (Cruce Andino) - 2 giorni

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San Carlos de Bariloche

Museo de La Patagonia: occupa l’ala est del Centro Civico, il complesso architettonico costruito in legno e pietra, che sembra un perfetto esempio di architettura tipica bavarese, che è stato dichiarato Monumento Storico Nazionale nel 1987. Al suo interno sono raccolti reperti, documenti e foto importanti per apprendere qualcosa in più sulla storia di questa regione del Paese, sulla popolazione Mapuche che la abitava prima dell’arrivo degli europei e sulle loro lotte per mantenerne la proprietà. Molto interessante anche la parte dedicata alla poliedrica figura di Francisco (Perito) Moreno e alla sua instancabile opera a favore della creazione di Parchi Nazionali a tutela dell’incredibile bellezza di questa terra.
-  Paseo de Los Artesanos, si trova all’interno di una grande tenda, al lato del Municipio. È un mercato artigianale, vivace e colorato, dove trovare oggetti in cuoio, in legno, tazze per il mate, coltelli fatti a mano, bella bigiotteria e dolci fatta in casa.
-  Una cioccolateria. In città ce ne sono tantissime. Alcune sono famose e riportate sulle guide turistiche, altre lo sono meno, ma tutte ugualmente buonissime. Sceglietene una e dedicate un po’ del vostro tempo a guardare ed assaggiare le attraenti praline, le barrette o altre specialità che vi proporranno. C’è anche la possibilità di visitare la fabbrica della cioccolata Del Turista.
-  Abbigliamento sportivo. Non c’è che l’imbarazzo della scelta, perché l’intero centro è pieno di negozi di capi sportivi da acquistare o affittare. Molti anche i negozi di scarpe da montagna: ne troverete di ottime marche a prezzo contenuto.

Da San Carlos de Bariloche a El Calafate in aereo

- Remis per Aeroporto Internazionale di San Carlos de Bariloche
- Volo Aereolineas Argentinas San Carlos de Bariloche – El Calafate  con bellissima vista sulle Ande e sui vulcani che abbiamo incontrato nel Cruce Andino.
- Remis Cóndor (prenotato via Internet) per il trasferimento dall’aeroporto all’Hotel.

El Calafate

È un vivace centro affacciato lungo la riva meridionale del Lago Argentino. Storicamente, El Calafate era una delle tante paradas (luoghi di riposo e ristoro) lungo il percorso utilizzato per il trasporto della lana fino al porto d’imbarco per l’Europa. Un tragitto di circa 300 Km, che veniva percorso a bordo di carri e che durava settimane. Ora è considerato una delle più importanti mete turistiche dell’Argentina. Prende il nome dalla bacca di un cespuglio molto diffuso in questa zona. Si dice che mangiare questo frutto porti fortuna e garantisca il ritorno in Patagonia. El Calafate è il punto di partenza per le escursioni nel Parque Nacional Los Glaciares, prima fra tutte quella al grande ghiacciaio Perito Moreno. El Calafate è anche in una posizione assolutamente strategica, posta tra El Chaltén e Torres del Paine (in Chile). La via principale della cittadina è un susseguirsi di cioccolaterie e graziosi negozi di artigianato e souvenir. Molte anche le agenzie turistiche dove si possono acquistare diversi tipi di escursioni, a differenti livelli di difficoltà, da quelle adatti a tutti a quelle decisamente impegnative, che richiedono ai partecipanti una adeguata preparazione fisica.

Glaciarium

Un museo davvero speciale, isolato nell’arido paesaggio della steppa patagonica, bellissimo nella sua architettura e studiato apposta per far capire ai visitatori cosa sono i ghiacciai, come si evolvono nel tempo, e come modificano il paesaggio circostante. All’interno sono presenti molti materiali, documenti, filmati e reperti, presentati sia in spagnolo, sia in inglese. Un ricercatore del Museo, inoltre, è a disposizione dei visitatori per spiegazioni supplementari a richiesta. Il contesto è estremamente suggestivo, con luci, suoni, rumori, colori, e… freddo. Molto spazio è dedicato ai cambiamenti climatici e ai loro devastanti effetti sugli ecosistemi locali. Molto interessante anche la sezione dedicata alla storia, con documenti e materiali sui grandi esploratori di questa remota regione, primo fra tutti Francisco (Perito) Moreno. Emozionanti sono i filmati d’epoca girati e montati da un altro esploratore a noi più vicino, ma meno noto: si tratta di padre Alberto Maria De Agostini, salesiano che, nei primi decenni del 1900, operò in difesa degli ultimi nativi della Patagonia. La sua è una figura di grande narratore. Fu infatti, grazie alla sua passione per la fotografia e per la cartografia, un eccezionale documentarista. Con le sue esplorazioni e le sue scoperte diede un valido contributo alle scienze naturali e all’antropologia. De Agostini scoprì e classificò, infatti, nuove specie animali e vegetali, raccolse fossili e minerali, percorse tratti inesplorati e studiò la morfologia dei ghiacciai. Nel Museo c’è anche una nota divertente: il Bar de hielo, un locale freddissimo dove tutto è di ghiaccio, compresi i bicchieri nei quali vengono serviti vodka, Fernet e Coke.Si trova a 6 Km da El Calafate, sulla strada che porta al Parque Nacional Los Glaciares. È collegato al centro da una navetta gratuita che parte ogni ora da Av 1 de Mayo, tra Av Libertador e Roca.

Estancia Nibepo Aike Dìa de Campo.

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È una delle estancias storiche più interessanti della zona perché, rispetto ad altre che sono ormai solo attrazioni turistiche, questa è tutt’ora in attività. Fu fondata da un immigrato croato, Santiago Peso, giunto in Argentina all’inizio del xx secolo. Sorge su una grande estensione di territorio affacciato sul braccio meridionale del lago Argentino. L’attività più importante era ed è tutt’ora l’allevamento di ovini, pecore di razza merinos, che producono una lana di eccellente qualità. Storicamente la lana veniva raccolta e trasportata con carri di legno (ognuno dei quali era trainato da 18 tra cavalli e muli), fino al Rio Gallego, il porto di imbarco per l’Europa. Il viaggio era una vera avventura e durava una ventina di giorni. Oggi all’allevamento di ovini, bovini e cavalli, nella bella stagione si affianca l’attività legata al turismo. Nell’estancia si può, infatti, soggiornare per immergersi completamente in una natura quasi incontaminata, dedicarsi ad esplorazioni a cavallo o in bicicletta del territorio e partecipare alla vita e alle attività che vengono svolte giornalmente. Con meno tempo a disposizione ci si può limitare a visitare questa estancia con pacchetti turistici di mezza giornata (Día de Campo), che comprendono il trasferimento, un tè di benvenuto, una passeggiata al lago, esempi di tosatura delle pecore e di abilità dei gauchos a cavallo e culminano con un pranzo o una cena a base di asado (ma è prevista anche l’opzione vegetariana a richiesta). Una guida accompagna la visita con spiegazioni in spagnolo e inglese sulla storia del ranch, sulla flora, sulla fauna e sulle diverse attività. Bella la collezione di attrezzi per la tosatura e le numerose foto d’epoca che aiutano a ricostruire la storia delle quattro generazioni che si sono susseguite nell’estancia, fino ai nostri giorni. C’è anche la possibilità di effettuare una escursione a cavallo, che può essere o meno compresa nel pacchetto.
L’Estancia Nibepo Aike si trova a 56 Km da El Calafate, alla fine della Ruta Provincial n. 15, all’interno del Parque Nacional Los Glaciares. La strada non è asfaltata e il tragitto dura circa 1h e 15 minuti, attraverso un bel tratto di steppa patagonica, popolato di bassi cespugli (tra cui quelli di Calafate), dove è facile avvistare conigli e guanachi. I partecipanti al Día de Campo vengono prelevati e riportati al loro Hotel. Vista la distanza, sarebbe preferibile trascorrere almeno una notte nella estancia. In questo caso si consideri che i prezzi sono decisamente alti, ma comprensivi della pensione completa e di tutte le attività.

Visita al Parque Nacional Los Glaciares e al Ghiacciaio Perito Moreno.

Anche per visitare il Ghiacciaio Perito Moreno è possibile acquistare un pacchetto che prevede di essere presi e riportati in albergo. Il viaggio, in pullman più o meno grandi, è accompagnato da guide che parlano spagnolo e inglese. Questi tour possono includere o meno la navigazione per avvicinarsi al ghiacciaio in catamarano.
Lasciata alle spalle El Calafate, buona parte del percorso in pullman costeggia il lago Argentino, il più grande del Paese con una superficie di 1415 Km2, dal caratteristico colore ceruleo chiamato “latte glaciale”, dovuto ai microscopici sedimenti glaciali, che non si depositano sul fondo. È facile avvistare guanachi, lepri e condor, meno facile volpi, puma e guemul, cervi oggi in via d’estinzione, che popolano questa zona.
L’intero paesaggio circostante è modellato dall’azione erosiva dei ghiacciai, come ad esempio le due colline chiamate Montagna Fria e Montagna Buenos Aires, che formavano un tempo un solo rilievo, attraversato e diviso in due dall’azione di un ghiacciai. La strada attuale passa proprio nel mezzo, su quella che era un tempo una lingua del ghiacciaio stesso.
Dopo l’ingresso nel Parco de Los Glaciares, il percorso continua fino a quando il Lago Argentino “finisce” a contatto con il Perito Moreno, un grande ghiacciaio di 30 Km di lunghezza, 5 Km di larghezza e 60 metri di altezza, che avanza di circa 2 m al giorno, causando continue fratture del ghiaccio, che cade nel lago sottostante. Il Perito Moreno ha la particolarità, a differenza della maggior parte degli altri ghiacciai che si vanno ritirando, di essere un ghiacciaio che avanza e retrocede, mantenendosi in un costante equilibrio. Nella sua avanzata, infatti, arriva ad appoggiarsi sulla terraferma, chiudendo uno dei rami del Lago Argentino. Se da una parte l’acqua del lago continua a defluire normalmente, nella parte ostruita dal ghiacciaio il livello dell’acqua comincia a salire. Quando l’acqua arriva ad un’altezza di circa 12-14 metri, la sua pressione è tale da riuscire a rompere il ghiaccio e a riaprire il passaggio. Questo evento si verifica ogni 4 anni circa ed è un evento imprevedibile ed eccezionale che richiama migliaia di turisti e osservatori. Non sempre la rottura avviene di giorno o nella bella stagione. Su internet è possibile trovare filmati amatoriali degli anni in cui è stato possibile riprenderla, come nel 2016  o nel 2012. Per inciso, la rottura, che al momento della nostra visita si prevedeva indicativamente per il 2020, è in realtà avvenuta tra sabato 10 e domenica 11 marzo 2018.

Anche se non è facile avere la fortuna di essere presenti a questi eventi, lo spettacolo che ogni giorno il Perito Moreno regala ai suoi visitatori è eccezionale e nessuna foto o ripresa può rendere giustizia a questo spettacolo della natura. L’esperienza è incredibile e multisensoriale. Visiva, sicuramente, per la maestosità del luogo, per i colori che variano a seconda del meteo e del trascorrere delle ore, per le fenditure del ghiaccio che movimentano il fronte del Perito Moreno e che, a seconda della profondità, si colorano di uno straordinario blu più o meno intenso, creando un paesaggio da fiaba. È poi una esperienza uditiva, perché continuamente si sente il ghiaccio rompersi, a volte con vere e proprie detonazioni, e continuamente cadono rumorosamente in acqua iceberg di varia misura, sollevando colonne d’acqua e vapore. Uno spettacolo meraviglioso in un contesto spettacolare, dal quale è davvero difficile staccarsi. Un sistema di passerelle in acciaio lungo 4 Km., diviso in quattro percorsi identificati da differenti colori, consente di avvicinarsi al ghiacciaio a diverse distanze, altezze e angolazioni, sufficienti ad abbracciare con lo sguardo il Perito Moreno in tutta la sua imponenza e, se lo si percorre interamente, consente anche di attraversare un bosco di rara bellezza che in primavera mostra licheni e arbusti fioriti. Nelle belle giornate è consigliabile portarsi un pranzo al sacco per godere più a lungo possibile dello spettacolo, avendo cura di non dare cibo agli animali eventualmente presenti e riportare indietro qualsiasi tipo di resto o rifiuto. All’interno del percorso delle passerelle, c’è, comunque, la possibilità di ritagliarne uno più breve e di percorrere il resto con una navetta gratuita.

Nelle giornate di brutto tempo si può ammirare il ghiacciaio dietro la parete vetrata di un rifugio, dove c’è anche una caffetteria e un ristorante. Questo è anche il punto di arrivo delle navette, oltre che il punto di incontro per il rientro a El Calafate. Oltre al percorso sulle passerelle, che è considerata l’escursione classica al Perito Moreno, è possibile acquistare altri tipi di pacchetti, come quelli che includono anche la navigazione a bordo di grandi catamarani o il trekking con i ramponi sul ghiacciaio. È anche possibile acquistare pacchetti turistici per navigare fino ai ghiacciai Upsala e Onelli che, a differenza del Perito Moreno, non sono raggiungibili via terra.

Per quanto riguarda la nostra esperienza, ci siamo affidati al nostro Hotel, che ci ha procurato i voucher dell’agenzia PatagoniaChic.com  sia per l’Estancia Nibepo Aike, sia per la giornata nel Parque de los Glaciares. Per quest’ultima, ci siamo limitati all’escursione classica, quella delle passerelle, che abbiamo percorso e apprezzato in tutta la loro estensione, grazie anche ad una giornata mite di primavera, in cui è stato piacevolissimo sfruttare all’aperto tutto il tempo consentito, prima di un buon caffè caldo nella caffetteria, punto di incontro con la guida ed il gruppo per il rientro.

Visita alla Riserva Naturale Laguna Nimez

Approfittando delle lunghissime giornate piene di luce della primavera argentina, dopo la visita al Perito Moreno, con un taxi dall’albergo abbiamo raggiunto la Laguna Nimez che occupa la sponda del Lago Argentino, subito a nord del centro abitato di El Calafate dal centro del quale è facilmente raggiungibile a piedi con una passeggiata di circa 1 Km. La Riserva è un posto ideale per l’avvistamento degli uccelli e dei fenicotteri, con un percorso ad anello che costeggia due piccoli specchi d’acqua, arricchito da pannelli esplicativi sulla flora e sulla fauna e capanni dove appostarsi.

Ushuaia - Terra del Fuoco

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Trasferimento in aereo da Ushuaia nella Terra del Fuoco a Trelew

Volo Aereolineas Argentinas aeroporto Malvinas Argentinas di Ushuaia - Trelew . Passato il primo tratto con bella vista sulle montagne andine, si sorvola un territorio completamente desertico, con frequente vista sull’Oceano. Quello che sorprende a mano a mano che l’aereo si avvicina all’aeroporto è un enorme dinosauro che spicca nell’arida pianura che lo circonda. All’arrivo si è accolti da un saluto in gallese, accompagnato da una bella rielaborazione del caratteristico drago rosso, a testimonianza della nutrita colonia che arrivò dal Galles nel 1865 e si stabilizzò lungo l’unico fiume esistente in questa vasta regione, il Chubut. Nell’aeroporto spicca la sezione dedicata al museo paleontologico Egidio Feruglio che ha sede a Trelew, con vetrine che espongono interessanti reperti e ricostruzioni ambientali dedicate ai più piccoli.

Navetta (prenotata via Internet) per il trasferimento dall’aeroporto di Trelew all’Hotel di Puerto Madryn (poco più di 60 Km.). La strada che collega l’aeroporto di Trelew a Puerto Madryn è un incredibile rettilineo che attraversa la steppa argentina: un paesaggio lunare e commovente che si estende a perdita d’occhio a 360°. È solo quando la strada ci sorprende con un’ampia curva a destra che appare improvvisamente l’abitato di Puerto Madryn.

Trelew

È un importante centro per gli scambi commerciali di tutte le attività della Regione. Fu fondata nel 1886 dagli immigrati gallesi come snodo ferroviario ed è in posizione funzionale per visitare i villaggi gallesi di Gaiman e Dolavon. La sua eccellenza dal punto di vista turistico è rappresentata dal Museo Paleontológico Egidio Feruglio. Il Museo, dedicato al famoso paleontologo italiano giunto in Argentina nel 1925 al seguito di una società petrolifera, espone tutti i più importanti fossili scoperti in Patagonia, tra cui quelli del dinosauro più grande al mondo, rinvenuti qualche anno orsono a poca distanza da Trelew. Interessanti le sezioni con dinosauri a grandezza naturale. Sono prenotabili visite guidate in più lingue e attività per i bambini. Il Museo organizza anche escursioni guidate all’interessantissimo Geoparque Paleontológico Bryn Gwyn, a circa 25 Km da Trelew, nei calanchi posti lungo il fiume Chubut, dove si trovano fossili che risalgono a circa 40 milioni di anni fa.

Puerto Madryn

È un importante centro industriale, commerciale e turistico, che deve le sue fortune alla presenza della prima fonderia di alluminio del Paese, in produzione dal 1974, alla sua attività portuale legata alla pesca (il secondo porto per dimensioni) e alla sua prossimità alla Penisola Valdés, oasi faunistica di massima importanza anche per la periodica presenza delle balene franche australi che vanno a riprodursi nelle sue acque riparate, passando proprio davanti alla città. Puerto Madryn fu fondata dai coloni gallesi nel 1886 in una zona riparata del Golfo Nuevo e ci sono parecchie statue che lo ricordano lungo la strada che costeggia il mare, oltre al bel monumento dedicato ai Coloni Gallesi

Vi consigliamo una passeggiata per conoscere Puerto Madryn. Dal nostro albergo ci dirigiamo verso il centro, percorrendo all’andata Bv Alm.te Brown e Av. Julio Argentino Roca per costeggiare il mare, fino al primo dei due lunghi moli della città, che percorriamo fino alla fine, tra pescatori armati di canne da pesca e barche sempre più grandi a mano a mano che ci allontaniamo da terra. A ritorno invece approfittiamo per fermarci all’Ufficio del Turismo, per passare in un’agenzia specializzata in escursioni, per visitare un piccolo museo di arte e per fare acquisti al centro commerciale e nei piccoli di negozi di souvenir della Av 25 de Mayo, parallela per un lungo tratto al lungomare.

Secretaría de Turismo Av. Julio A. Roca 223

L’Ufficio del Turismo è un buon punto di riferimento, con personale gentile e preparato. chedanno molte informazioni utili e un elenco delle agenzie a cui rivolgersi per la prenotazione delle escursioni dei giorni successivi. Nella scelta, decidiamo per un’agenzia che è l’unica ad esserci stata segnalata sia dall’hotel, sia dall’Ufficio del Turismo.

È, comunque, utile tener presente che le agenzie sono tantissime e i prezzi sembrano assolutamente omologati, riportati anche sulle informazioni disponibili presso l’ufficio del Turismo. Molte di queste agenzie hanno siti internet ed è possibile raccogliere informazioni sulle diverse proposte ed effettuare prenotazioni e pagamenti anche dall’Italia. L’unica cosa che possiamo consigliarvi è di dare la preferenza ad escursioni che prevedano gruppi non troppo numerosi.

Agenzia Fugutours, 28 de Julio 66,

Dopo aver fatto due escursioni con loro, possiamo dire che l’agenzia che abbiamo scelto, la Fugutours, aveva mezzi di trasporto meno scintillanti di altre, ma ottime guide, autorevoli senza risultare noiose e capaci di rispondere in modo esaustivo a tutte le domande che gli sono state sottoposte dai partecipanti e anche di incoraggiarne. Gli itinerari che ci sono stati proposti, inoltre, erano meno standardizzati, almeno per quanto possibile, rispetto a quelli che ci sono stati raccontati da altri turisti. Noi abbiamo acquistato da loro le due escursioni (di un giorno ciascuna) per andare alla Penisola di Valdés e all’Area Naturale Protetta di Punta Tombo. Abbiamo deciso di acquistare anche il passaggio in barca per l’avvistamento delle balene con partenza da Porto Pirámides, opzionale all’interno della visita alla Penisola di Valdés. Il Centro per il Turismo ci aveva “quasi” escluso la possibilità di vedere la balena franca australe il 2 di dicembre, quando la stagione riproduttiva di questi spettacolari mammiferi marini è ormai praticamente conclusa e la maggior parte delle balene si è ormai allontanata con i piccoli. Un’altra cosa che non ci convinceva affatto di questo avvistamento era l’imbarcazione utilizzata: il cosiddetto “semirigido” che, nella nostra immaginazione si traduceva in un gommone, con la possibilità di bagnarsi per salire a bordo e le inevitabili sbattute dello scafo sulle onde. Insomma una sorta di incubo che, è bene dirlo subito, non ha niente a che vedere con la realtà, come raccontiamo in seguito, nella descrizione dell’escursione. Insomma ci abbiamo pensato a lungo anche perché l’avvistamento raddoppia il prezzo dell’escursione e le incognite sembravano davvero tante. Poi è prevalso l’ottimismo e la certezza che avremmo comunque visto pinguini e delfini. Anche su questi dubbi, le argomentazioni che ci hanno esposto gli operatori dell’agenzia di viaggio ci sono sembrate convincenti e, a posteriori, sono risultate assolutamente affidabili. Insomma un’agenzia che ci sentiamo di raccomandare.

Centro Commerciale Portal de Madryn, Av Roca e 28 de Julio -  È un piccolo centro commerciale con negozi di abbigliamento e abbigliamento sportivo, oggettistica, una piccola rivendita di cioccolata Del Turista, prodotta a San Carlos de Bariloche e una bella libreria, con un’ampia sezione dedicata alla città, con libri di storia, antropologia, botanica e zoologia e dove è possibile acquistare anche cartoline, segnalibri e bei poster a prezzo contenuto. Il centro ospita anche un piccolo spazio culturale con interessanti mostre temporanee di arte e fotografia.

Museo Municipal de Arte de la Patagonia, Av Roca 444 - Passeggiando lungo la strada litoranea, ci si imbatte in questo piccolo Museo di arte che riserva belle sorprese, intessuto com’è nella comunità locale e, più in generale, nella cultura della Patagonia. Anche se sembra più una galleria d’arte, dove le esposizioni variano spesso, è molto apprezzabile anche per le tante proposte di seminari, laboratori e attività culturali che offre. Noi abbiamo apprezzato molto l’anteprima della mostra fotografica “Los rostros guardados” di Facundo Celi, giovane e talentuoso fotografo di Puerto Madryn, inaugurata il giorno successivo. L’ingresso al Museo è gratuito.

Puerto Madryn-Puerto Pirámide

La Riserva Faunistica Penisola di Valdés, dichiarata nel 1999 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, è la meta escursionistica per eccellenza da Puerto Madryn. È un vero e proprio santuario naturalistico che si protende in mare tra il Golfo Nuevo e il Golfo di San Josè per circa 3600 Kmq di superficie e 400 Km di costa, dove vivono numerose colonie di mammiferi marini, come i leoni marini sudamericani, gli elefanti marini, la foca sudamericana. Molti anche i pinguini di Magellano e, ovviamente, anche i predatori di queste specie, come le grandi orche che si affacciano ai bordi della penisola in cerca di cibo e che talvolta, agevolate dall’alta marea, compiono delle vere e proprie incursioni acrobatiche fin sulla riva. A terra vivono guanachi, nandù, e maras oltre a centinaia di specie di uccelli, tra cui molti migratori. Fra maggio e dicembre, inoltre, le acque dei due golfi, più calme e più calde rispetto al mare aperto, accolgono le balene franche australi, specie protetta dal 1937 tra le più grandi al mondo con i loro 14-18 metri di lunghezza e un peso medio di 54 tonnellate, che vengono a riprodursi e a partorire i loro piccoli. L’arido territorio protetto è caratterizzato dalla presenza di laghi salati, il più grande dei quali occupa una depressione posta a 40 metri sotto il livello del mare, considerato il punto più basso dell’intera Argentina. Ad eccezione di alcune estancias, dove si allevano pecore merino, specie selezionata per la produzione della lana, la presenza umana è scarsissima e si concentra nel piccolo Porto Pirámides.
Considerando la distanza di circa 100 Km che separa l’ingresso della Riserva da Puerto Madryn e le notevoli dimensioni della penisola, per farsi un’idea di questo incredibile paradiso della natura è necessaria una escursione di almeno un’intera giornata e sono molte le agenzie turistiche di Puerto Madryn che le organizzano, comprendendo o meno l’uscita in barca per l’avvistamento delle balene. A seconda delle stagioni e delle condizioni meteo, le agenzie propongono tour nella parte nord o nella parte sud della penisola. Per una conoscenza più approfondita, per riuscire a fare entrambi i percorsi o per avere la possibilità di dedicarsi ad attività come immersioni, escursioni in mountain bike, trekking o birdwatching è necessario pernottare almeno una notte a Puerto Pirámides. Le visite all’interno della Riserva si possono effettuare da soli, con un veicolo proprio, o con tour organizzati. Nella nostra esperienza questa seconda possibilità è da preferirsi perché le guide conoscono perfettamente le condizioni delle strade, gli itinerari e sanno esattamente quali sono i punti migliori per i diversi avvistamenti, riuscendo ad ottimizzare i tempi nell’arco della giornata. La loro conoscenza delle abitudini delle specie animali presenti, inoltre, consente di effettuare visite nel modo più sicuro per i partecipanti e più rispettoso possibile per gli animali.

Visita alla Riserva Faunistica Península di Valdés

La guida della Fugutours ci viene a prendere in albergo. Il pulmino ha visto tempi migliori e siamo in otto, di diverse nazionalità. Il percorso (circa 100 Km per arrivare a Puerto Pirámides, prima tappa della giornata) è accompagnato con spiegazioni in spagnolo e inglese che riguardano l’economia della città, basata in larga misura sulla presenza della Aluar, la fabbrica di alluminio che si trova sul nostro percorso e che occupa circa 2000 lavoratori più l’indotto, e sulla pesca, con barche che escono in mare aperto per spedizioni che durano 10-15 giorni e la Riserva che andremo ad esplorare, che attira ogni anno migliaia di turisti e studiosi.
Finito l’abitato di Puerto Madryn, viaggiamo nella steppa patagonica con pochi e radi cespugli e qualche guanaco in lontananza. La guida ci racconta che ogni anno, tra luglio e agosto, sono più di mille e cinquecento gli esemplari di balena franca australe che vengono ad accoppiarsi e a partorire nelle acque tranquille e riparate dei Golfi Nuevo, sul quale si affaccia anche Puerto Madryn, e San Josè. Pensiamo che scherzi, ma non è così, quando afferma che in alta stagione le balene si possono vedere tranquillamente dalle finestre di casa. Quando il pullmino inizia a percorrere l’istmo che unisce la Penisola di Valdés alla terraferma, si viaggia per un tratto proprio tra i due Golfi. Poi si entra nella Riserva Faunistica. All’ingresso scende solo la guida per fare i biglietti. C’è anche il Centro Visitatori, ma noi, per opportunità di orario, lo visiteremo a ritorno. Nella riserva ci sono estancias in attività e quindi è facile vedere pecore al pascolo.
A mano a mano che ci addentriamo nella Penisola di Valdés diventano sempre più frequenti gli avvistamenti dei guanachi, anche in gruppi piuttosto numerosi: sono bellissimi a vedersi, e la guida ci racconta che sono tra i più grandi animali selvatici che vivono in Sud America. Sono agili, timidi e molto veloci. È proprio la velocità (56 Km orari) la loro migliore difesa in un territorio che non offre loro alcun riparo rispetto ai predatori.
Ci si ferma a Puerto Pirámides, un colorato, piccolo porto un tempo importante per il commercio del sale. La Penisola di Valdés, infatti, comprende una delle depressioni più basse al mondo, e le sue due saline si estendono a 42 metri sotto il livello del mare. Oggi la quasi totalità dell’economia di Puerto Pirámidesruota invece attorno all’avvistamento delle balene e, più in generale, al turismo.

Una volta arrivati, chi ha scelto di imbarcarsi ha poco tempo per ricevere il pass, il giubbotto salvagente e le informazioni utili per l’imbarco. Peccato perché il posto sembra prestarsi ad una visita e a belle foto. Gli altri avranno invece almeno 2-3 ore di tempo per aggirarsi nelle stradine piene di caffetterie, ristorantini, negozietti di artigianato e souvenir.

Puerto Pirámides: Avvistamento delle balene

 

Le imbarcazioni che si utilizzano per l’avvistamento delle balene sono enormi gommoni (semirigidos) sui quali si sale dalla spiaggia con una apposita scala e che vengono poi trainati fin dentro il mare da grandi trattori. Una volta raggiunta la giusta profondità dell’acqua, l’imbarcazione si sgancia e prosegue scivolando in modo molto stabile e piacevole sull’acqua, o almeno questo è quello che accade nelle giornate di mare calmo, come quella che noi abbiamo avuto la fortuna di avere. Il capitano si dirige là dove si addensano i gabbiani, attirati dai banchi dei pesci, che i pinguini, nuotando velocemente tutt’intorno, finiscono per concentrare e far affiorare in superficie. Lo spettacolo è già bellissimo così, col mare in subbuglio per la presenza di tanti animali, a cui si aggiungono presto i delfini, che ci seguono, disegnando piroette e salti acrobatici nella scia del gommone. Oltre a parecchie persone di equipaggio, sul semirigido ci sono anche una guida e un fotografo. La guida invita i passeggeri a godersi lo spettacolo senza perdersi tra macchine fotografiche e telefoni nel tentativo di riuscire a fare foto eccezionali. E ha ragione, perché lo spettacolo è multisensoriale e merita tutta l’attenzione possibile. Del resto le foto migliori sono già su internet e anche sui cd che si possono acquistare dal fotografo, nei quali a belle foto di repertorio di delfini e balene si aggiungono le istantanee scattate a bordo ai passeggeri.
Dopo due o tre avvistamenti di questi banchi di pesce, arriva via radio la segnalazione della balena e il gommone si sposta rapidamente fino a raggiungere l’estremità nord del golfo. Poi rallenta fino quasi a fermarsi e la guida invita i passeggeri ad aspettare in silenzio.
La balena è affiorata enorme, all’improvviso, a non troppa distanza da noi, e lo ha fatto più volte per respirare a intervalli quasi regolari, che gli addetti ai lavori riuscivano a prevedere con precisione, ed è stato davvero molto emozionante avvertirne distintamente il suono e vedere i grandi sbuffi di vapore innalzarsi nell’aria.
Il gommone, secondo precise regole, si è affiancato alla balena con una andatura lenta e regolare e la balena ci ha permesso di accompagnarla, procedendo in parallelo, per un lungo tratto di mare: una sorta di passeggiata che è riduttivo descrivere come “estremamente emozionante”.
Poi, per permettere anche ad altre imbarcazioni di avvicinarsi e godere di questa stessa emozione, il capitano ci ha chiesto di “lasciar andare la balena” (cosa che può sembrare strana a dirsi, ma non lo era affatto in quel contesto) e ha lentamente iniziato a cambiare la rotta, allontanandosi dalla balena: momento difficile, perché si vorrebbe continuare all’infinito questa esperienza fantastica, culminata con l’immagine spettacolare della coda della balena completamente fuori dell’acqua. Un saluto? Ci piace pensarlo.
Quello che è fuor di dubbio è che si resta attoniti, anche per una sola balena, come nel nostro caso. Non riusciamo ad immaginare lo spettacolo di cui si possa godere in piena stagione.
Anche se meno eccitante dell’andata, il rientro è stato comunque interessante, con la guida che faceva notare la bassa e regolare costa della Penisola di Valdés, che si apriva davanti a noi e ne raccontava le caratteristiche dal punto di vista geologico, legato alle due diverse inondazioni che hanno interessato questa parte del pianeta.

Puerto Pirámides - Caleta Valdés

Risaliti sul pullmino, ci dirigiamo verso Caleta Valdés, lungo la RP3 che taglia la penisola nella parte nord. Sono circa 80 Km di strada attraverso la steppa, che l’autista sembra conoscere alla perfezione. Ci fermiamo in un punto dove è possibile osservare, da una sorta di balconata naturale recintata, a distanza molto ravvicinata, una colonia di pinguini di Magellano. Mentre la guida ci informa sui loro comportamenti e sulle loro abitudini, ci accorgiamo che tutti i bassi cespugli intorno a noi celano buche abbastanza ampie con nidi con uova o piccoli già nati. C’è sempre almeno un adulto nel nido, mentre l’altro genitore è alla perenne ricerca del cibo.
È uno spettacolo emozionante e divertente nello stesso tempo. È emozionante, infatti, poter osservare i pinguini in natura, a pochi passi da noi ed è divertente perché gli animali sembrano immersi ognuno in un proprio percorso, buffi a vedersi mentre procedono alla ricerca del loro nido, guidati dai richiami dei rispettivi compagni.

Caleta Valdés - Parador La Elvira

Riprendiamo il viaggio, ma ci fermiamo quasi subito per una vera sorpresa: un nido di civette, dove proprio non si penserebbe. È, infatti, scavato a poca distanza da terra, nella scarpata che costeggia la strada che stiamo percorrendo, e ci sono tre piccole civette, non più alte di una quindicina di centimetri, in piedi, si direbbe in posa, proprio davanti all’apertura di quella che sembra più una tana che un classico nido di uccelli.
La vera tappa è al Parador La Elvira. Nei suoi pressi vive una colonia di leoni marini e un percorso recintato consente di avvicinarsi per fare una osservazione a distanza. Lungo il percorso riusciamo a vedere per due volte un grande e veloce esemplare di armadillo, di cui la guida ci aveva mostrato le tracce recenti e le numerose tane scavate sotto i cespugli, tutte collegate tra loro.
Lo spettacolo che ci riserva la colonia dei leoni marini è grandioso. I grandi animali sono abbastanza lontani da noi, più in basso. Molti di loro sono pigramente distesi a terra perché sono nel periodo di muta della pelle, durante il quale è raro che vadano in mare per mangiare. Tra loro e il mare aperto c’è una lunga conformazione di strisce di rocce piatte, scure, coperte di alghe, che si inoltrano nell’acqua. Un paesaggio vasto, bello e selvaggio, nel quale i grandi animali sembrano completamente a loro agio. Un tempo era questo il periodo in cui i cacciatori di pelli organizzavano le battute di caccia, vere e proprie mattanze, ora per fortuna proibite.
Al Parador La Elvira ci fermiamo anche per il pranzo. Il menù, per chi non ha preferito portarsi il pranzo al sacco, prevede empanadas, panini e poco più, ma è tutto buono e il contesto non potrebbe essere migliore.

Parador La Elvira - Centro Visitatori – Puerto Madryn

Il viaggio prosegue lungo la costa fino ad arrivare a Punta Nord dove ci fermiamo per osservare anche un bel gruppo di otarie (lobos marino), animali più piccoli dei precedenti, ma sempre enormi, distese a breve distanza dal punto in cui si ferma il pulmino.
Poi iniziamo il rientro e ci fermiamo al Centro Visitatori, che non è più affollato come al mattino e dove è possibile accedere ad informazioni dettagliate sulla flora e sulla fauna della Penisola di Valdés, e sulle attività della Riserva.
Poi si torna a Puerto Madryn e abbiamo la possibilità di provare il mate, dal quale gli argentini non si separano mai, offerto dalla guida.

Puerto Madryn Escursione all’Area Naturale Protetta di Punta Tombo

Área Natural Protegida Punta Tombo

È considerata la più grande zona di nidificazione del Pinguino di Magellano, con la presenza di più di 1 milione di esemplari, anche se le ricerche condotte tramite l’identificazione degli animali, sembrano dimostrare che la colonia si stia lentamente spostando lungo la costa a nord della Penisola di Valdés, in una zona privata, non toccata dal turismo. Nella riserva di Punta Tombo, che ha una estensione di circa 200 ettari ed è recintata, vivono anche molte specie di anatre, beccacce e uccelli.
Le escursioni sono realizzabili solo con il bel tempo perché la pioggia rende impraticabili le strade, e vengono organizzate sia a partire da Trelew (120 Km) sia da Puerto Madryn (180 Km). Le visite devono essere accompagnate da guide autorizzate o dai ranger della Riserva. In alta stagione i visitatori vengono indirizzati in uno dei due Centri Visitatori, dove devono lasciare il proprio mezzo e utilizzare le navette della Riserva. I Centri visitatori ospitano anche una caffetteria e un negozio di souvenir.
La nostra Visita all’Área Natural Protegida Punta Tombo - Anche per questa escursione veniamo prelevati in albergo e anche questo pulmino non sembra certo appena uscito dal concessionario. Siamo sei passeggeri, la guida e l’autista. Non sono gli stessi del giorno precedente, ma sono altrettanto bravi: l’autista sembra avere la mappa di tutte le buche e, più che schivarle, sembra prevederle, mentre la guida ci parla di tutti gli aspetti possibili della zona che stiamo attraversando, dalla storia, alla flora, alla fauna, all’economia, alle risorse e le sue spiegazioni sono molto interessanti.
Passando in prossimità di Trelew, la guida ci fa notare l’enorme dinosauro a grandezza naturale che domina questa stessa vallata, dove un tempo viveva la sua specie e dove lo spettacolare Museo Paleontológico Egidio Feruglio oggi ne conserva reperti di enorme importanza e bellezza. Notiamo anche un parco eolico che assicura la produzione elettrica necessaria per le due città di Trelew e Puerto Madryn.
Mentre percorriamo l’arida provincia di Chubut, che ha soltanto 500.000 abitanti, distribuiti su una superficie di 224.600 Kmq, con una densità di 2,27 abitanti per Kmq., regione che prende il nome dal piccolo rio Chubut, il suo unico corso d’acqua, la guida ci racconta che in epoca preistorica tutta questa parte dell’Argentina fu per ben 2 volte sommersa dall’Oceano Atlantico. Per questo motivo in tutta la Patagonia si trovano molti fossili marini e la bassa e lunga formazione, che sembra racchiudere a sud Puerto Madryn, ha due colorazioni diverse, più chiara sotto, più scura sopra, che corrispondono al livello raggiunto dal mare in questi due periodi. La guida ci racconta anche che l’intero territorio, fino all’arrivo degli europei, apparteneva ai Tehuelches, una popolazione nomade, pacifica, di alta statura, abilissima nel cacciare i veloci e grandi guanachi. I Tehuelches, come tutte le altre popolazioni della Patagonia, furono dapprima decimati dalle malattie introdotte dagli europei e poi eliminati per favorire l’insediamento di coloni bianchi e l’allevamento di pecore in tutto il sud dell’Argentina. Un immenso territorio, che rimane un enorme deserto e dove, non smetteremo di pensarlo, è evidente che ci sarebbe stato posto per tutti.
La guida prosegue il suo racconto e ci parla dell’arrivo dei coloni gallesi nel 1865, che risalirono lungo il corso del rio Chubut, piantando grandi alberi sulle sue rive e creando centri abitati, fino a raggiungere la Cordigliera delle Ande, dove fondarono la città di Esquel.
Adesso prendere un tipico tè inglese, preparato dai loro discendenti, è una delle tante proposte turistiche che offrono le agenzie di viaggio locali. La giornata è molto nuvolosa e a tratti cade qualche goccia di pioggia. Si viaggia lungo strade incredibilmente dritte, che tagliano un territorio movimentato da alte dune, ma più spesso assolutamente piatto, segnato solo da cespugli bassi e radi. Il percorso è davvero molto lungo (180 Km) e la guida ne approfitta per parlarci dei pinguini, delle loro abitudini e delle regole di comportamento durante la visita. Il pinguino, infatti è un animale che, oltre ad avere molti predatori e problemi per la scarsezza del cibo (si calcola che ogni anno sopravviva solo il 50% dei nuovi nati) si stressa con facilità e può, se si sente in pericolo, diventare aggressivo. Più facilmente un comportamento poco attento dei visitatori può far loro perdere l’orientamento, ostacolando il raggiungimento del nido e mettendo così a rischio la sopravvivenza dei piccoli per mancanza di cibo. È necessario quindi evitare di spaventarli, tenendosi ad una distanza di almeno 3 metri da loro, muovendosi lentamente, in silenzio e, soprattutto, non attraversando mai loro la strada.
Quando finalmente arriviamo all’ingresso della Riserva, scopriamo ben due Centri visitatori: uno più rustico e datato, l’altro molto più moderno e studiato per armonizzarsi nel contesto circostante. La guida ci spiega che, prima della grande crisi che ha letteralmente cancellato il turismo interno, i visitatori erano così numerosi da rendere necessaria la costruzione di un secondo punto di sosta e informazioni. Ora che i turisti sono solo stranieri e diminuiti in modo radicale, il nuovo centro sembra davvero una cattedrale nel deserto, pur essendo apprezzabile per tutti i materiali informativi che contiene, tra reperti, foto, video e documentazione, oltre ad una caffetteria ed un negozio di souvenir.
E’ qui che si paga il biglietto di ingresso, per poi proseguire in pulmino fino al secondo centro, dove si parcheggia per proseguire a piedi.
La Riserva è enorme ed un sentiero delimitato da una staccionata in legno consente di fare un lungo percorso, lo stesso che i pinguini compiono per andare a cercare cibo in mare. Tutt’intorno, a perdita d’occhio, migliaia di cespugli che celano nidi con uova o piccoli già nati e adulti che stanno con loro, che si scambiano affettuosità o che vanno e vengono tra il nido e il mare che, nella maggior parte dei casi, dista chilometri. Noi proseguiamo lentamente, parlando molto piano, cercando di passare inosservati, e, soprattutto, cercando di non intralciare i pinguini che, continuamente, attraversano il nostro stesso sentiero seguendo i richiami, tutti diversi tra loro, grazie ai quali riescono a ritornare dai loro partner, al proprio nido. È una esperienza davvero emozionante che culmina quando il sentiero arriva ad uno spettacolare punto di affaccio: una sorta di grande terrazza naturale a picco su una vasta piaggia lambita dall’Oceano. La vista di migliaia di pinguini che si addentrano nell’acqua alla ricerca di cibo o che tornano dopo la caccia, seguendo ognuno un proprio itinerario e fermandosi, verrebbe da dire “a pensare” la direzione da prendere, ma in realtà a cogliere il richiamo dei compagni, è assolutamente indescrivibile, buffa ed emozionante insieme.
Rincuorati dalla notizia che non siamo nel periodo di massima escursione della marea, e che quindi non vedremo le grandi orche cacciare i pinguini fin sulla riva, torniamo indietro, ripercorrendo lo stesso sentiero e con le stesse precauzioni. Lungo il percorso ci sono anche giovani ricercatori al lavoro: al momento stanno marcando nidi.
Il ritorno a Puerto Madryn ci riserva una sorpresa: una sosta a Isla Escondida, in un punto in cui la strada bianca che prendiamo arriva fino a poche decine di metri dalla spiaggia. Lì troviamo una colonia di Elefanti marini distesi sulla sabbia. La guida ci fa notare che non ci sono i grandi maschi, evidentemente a caccia nelle profondità marine del loro pasto preferito, il calamaro gigante. Quelli che abbiamo davanti sono giovani adulti nel periodo di muta di pelle e, poco distanti da loro, ci sono invece gli ultimi nati, molto più piccoli. Seguendo con attenzione tutte le indicazioni della guida, ci avviciniamo lentamente, in gruppo, dalla parte di terra, abbassandoci il più possibile e fermandoci ogni volta che uno degli animali nota la nostra presenza, per proseguire quando, evidentemente rassicurato, distrae la sua attenzione da noi. Alla fine arriviamo a sdraiarci sulla sabbia a pochissima distanza da loro per osservarli e scattare qualche foto. È una emozione grandissima quella che proviamo in quel momento. È come se ci sentissimo accolti tra loro e, stesi goffamente come siamo, forse ci somigliamo anche un po’. Quando la guida ci fa segno di andare, non è per niente facile accomiatarsi: si vorrebbe continuare ad osservarli all’infinito.
Risaliamo sul pulmino e, questa volta, nessuno ci toglie tutti i Km che abbiamo di fronte per rientrare a Puerto Madryn, ma è una escursione talmente bella, che il disagio del viaggio è l’ultimo dei nostri pensieri.

Puerto Madryn

1)      Museo del Hombre y del Mar, Josè Menéndez 200,
È un piccolo, ma amatissimo museo, ospitato nel Chalet Pujol, conosciuto anche come “Castello di Madryn”. L’edificio, uno dei pochissimi sopravvissuto a Puerto Madryn, fu costruito tra il 1915 e il 1917 come abitazione del commerciante spagnolo Augustín Pujol ed è stato donato nel 1955 dai suoi famigliari al governo provinciale, perché lo destinasse a sede museale. Nel 2005 un attento e accurato restauro lo ha riportato alle architetture, ai materiali e ai colori originali.
Le sue collezioni sono disposte in nove piccole sale su due piani, alle quali si aggiungono una torretta di avvistamento e una biblioteca.
La parte dedicata al mare esalta la vocazione marinara di Puerto Madryn, con una bella descrizione delle diverse modalità di pesca tutt’ora in uso e molto materiale sull’ambizioso progetto di studio e tutela delle Balene Franche Australi, che la città sta portando avanti da decenni, con video, pannelli esplicativi, dati e reperti.
L’aspetto geologico della zona è ricostruito attraverso una interessante raccolta di fossili marini, rinvenuti nella zona circostante.
Per quanto riguarda l’uomo, il Museo dedica alcune sale ai Tehuelches e ai Mapuches, le antiche popolazioni che vivevano in questa parte dell’Argentina, prima dell’arrivo dei bianchi. La loro storia è narrata attraverso belle foto d’epoca e manufatti ed è completata dal racconto delle loro credenze e delle loro leggende. Toccante la piccola sala che conclude questa parte del percorso, in cui ritratti di ragazze e ragazzi, appartenenti a tutte le etnie oggi presenti nella zona, circondano i visitatori in un abbraccio ideale in quella che a noi è sembrata una testimonianza di “presenza” reale, a superamento delle barbarie perpetrate anche in questa regione.

2)      Dopo il Museo ci concediamo una lunga passeggiata sull’ampia spiaggia di Puerto Madryn. È una bella, calda e luminosissima giornata, in cui sono necessari occhiali da sole e crema protettiva e in cui si sta bene in maglietta di cotone e, considerando che siamo al 4 dicembre e alle nostre latitudini, dove presto ritorneremo, ci si sta per addentrare nel freddo dell’inverno, credo che porteremo con noi qualche rimpianto per questa lontanissima parte di mondo. (Puerto Madryn dista “solo” 1300 Km da Buenos Aires e ben 12.180 Km dalla nostra città).
Quando si alza il vento, decidiamo di concederci una sosta presso il ristorante “Cantina del Nautico”, che sta proprio sulla spiaggia, prima di dirigerci verso l’aeroporto per il trasferimento a Buenos Aires.

3)      Trasferimento in navetta (prenotata via Internet ) dall’hotel di Puerto Madryn all’aeroporto di Trelew. - Trasferimento in aereo in serata da Trelew a Buenos Aires, Aeroparque Jorge Newbery http://www.aa2000.com.ar/aeroparque, voloAereolineas Argentinas con bella vista della Penisola di Valdés e delle sue saline, ben visibili dall’alto.

4)      Taxi (preso senza prenotazione, davanti all’uscita dell’aeroporto) dall’Aeroparque Jorge Newbery al B&B di Palermo che abbiamo prenotato.

GIORNI 1-4 Buenos Aires

Primo giorno: Palermo, una lunga passeggiata e un bellissimo Museo
Palermo: Parco 3 de Febrero
Giardino giapponese
Museo di Arte Latinoamericana di Buenos Aires (MALBA)

Secondo giorno: I luoghi del potere e della contestazione e due incredibili palazzi
Plaza de Mayo
Museo de la Casa Rosada o del bicentenario
Cabildo
Palazzo Barolo
Museo delle acque

Terzo giorno: Puerto madero
Ponte de La Mujer
Riserva Ecologica Costanera Sur
Collezione di Arte Amalia Lacroze de Fortabat

Quarto giorno: La Recoleta e Sant’Elmo
Cimitero de La Recoleta
Chiesa di Santa Maria del Pilar
Mercato artigianale de La Recoleta
Floralis Generica
Museo di Arte Moderna de Buenos Aires MAMBA
Mercato di Piazza Dorrego

Dove abbiamo dormito

A Recoleta Hotel, Azcuenaga 1268: un albergo tranquillo (la nostra stanza non affacciava sulla strada), e in una posizione decisamente comoda per visitare la città. Si trova nel quartiere Recoleta, dove occupa una palazzina d’epoca, la cui ristrutturazione ha cercato di moltiplicare la luce con grandi specchi nella chiostrina interna. Le stanze standard sono essenziali, sia nelle dimensioni, sia negli arredi, ma pulite e con qualche nota di colore. La colazione è decorosa, ma sacrificata in una stanza senza finestra. Insomma un hotel che avrebbe bisogno di più luce, ma da promuovere per il suo eccezionale rapporto qualità/prezzo e per il personale, gentile e disponibile. Nel nostro caso, per esempio, ci hanno anticipato gratuitamente il check-in alle 10.00 del mattino, ora del nostro arrivo: dopo 14 ore di viaggio, questa è una concessione fantastica!

Dove abbiamo mangiato

Salvo rarissime occasioni, ci siamo organizzati con uno spuntino leggero a pranzo (sufficiente dopo l’abbondante colazione in albergo) e per una cena al ristorante, dove difficilmente siamo riusciti ad assaggiare il dolce, vista l’eccessiva, almeno per noi, abbondanza delle porzioni, di cui abbiamo cercato di tenere conto, riducendo gradualmente le ordinazioni.
Per quanto riguarda i prezzi, senza mai limitarci, non siamo mai riusciti a spendere più di 25 euro a testa. Più spesso abbiamo speso tra i 15 e i 20 euro. È bene dire, comunque, che, con un minimo di accortezza, si può mangiare bene anche con molto meno. Quello a cui non abbiamo mai rinunciato sono stati i caffè: ce ne siamo concessi almeno 2 al giorno, cercando i posti migliori per sperare in un buon espresso o qualcosa che ci si avvicinasse il più possibile. Ovviamente l’espresso costa di più del caffè argentino, che è molto lungo, più simile a quello americano che a quello italiano.

Arenales Resto & Coffee, Arenales 1201: suggerito dall’Hotel, aveva il vantaggio di essere vicinissimo, elemento non trascurabile visto che era la sera del primo giorno a Buenos Aires ed eravamo stanchissimi, avendo evitato di dormire per limitare i danni da jet lag. È un ristocafè un po’ demodé come ce ne sono tanti in Argentina, arredato con tavoli di legno scuro e coperture di cuoio, anch’esse scure, dove si può mangiare dalla colazione alla cena e dove molti argentini si fermano a lungo per leggere o lavorare. Il menù è a base di piatti della cucina tradizionale. Le porzioni sono decisamente troppo abbondanti. I costi nella media.

Cumanà, Rodríguez Peña 1149: locale carino, dall’aspetto moderno, con la buona cucina delle regioni del nord dell’Argentina. Ottime le empanadas e molto varia l’offerta di cazuelas, terrine calde a base di carni e/o verdure, dove scoprire, per esempio, la differenza tra papas e patatas. Giovane e gentile il personale. Al momento non accettano carte di credito.

La Cholita, Rodríguez Peña 1165: è il locale attiguo a Cumanà, derivante probabilmente dalla divisione di un unico spazio, cosa che fa diventare molto simili i due locali. La Cholita è il ristorante dove mangiare ottima carne argentina. Anche qui le porzioni sono decisamente abbondanti e al momento non accettano carte di credito.

Covadonga, Arenales 1900

Ci siamo finiti perché il ristorante che avevamo scelto era chiuso. È una catena di locali di buona cucina tradizionale, affidabili, ma un po’ più cari della media, soprattutto se si ordina vino. Vi si mangiano ottime fritture di gamberi e splendida carne. L’asado, che non è previsto in porzione singola, è spettacolare. Ottima anche la provoleta all’origano. Le porzioni sono monumentali, arricchite anche da una varietà indescrivibile di contorni. Il servizio è impeccabile.

Caffetteria

Pueyrredon 1501 un localeaccogliente e luminoso dove servono caffè Illy. Indicato anche per pasti leggeri.

L’organizzazione del viaggio

I voli interni

Abbiamo acquistato tutti i voli interni in una unica soluzione sul sito di Aereolineas Argentinas per usufruire dei tagliandi di volo con una tariffa preferenziale.
Queste, nell’ordine, le tratte che abbiamo acquistato:
-          Buenos Aires – San Martin de Los Andes
-          Bariloche – El Calafate
-          El Calafate – Ushuaia
-          Ushuaia – Trelew
-          Trelew – Buenos Aires

L’Aereoporto di partenza e arrivo a Buenos Aires è stato l’Aeroparque Jorge Newbery, molto più vicino alla città di quello internazionale di Azeiza, dove atterrano gli aerei provenienti dall’Italia.

La prenotazione degli alberghi.

Abbiamo prenotato tutti gli alberghi su Internet, utilizzando i motori di ricerca più noti.
Avendo deciso di stipulare un’assicurazione di viaggio, siamo riusciti a contenere i prezzi scegliendo, quando possibile, offerte speciali senza possibilità di rimborso.
Ci siamo tarati mediamente su una fascia di hotel posizionati nel centro delle città, a tre stelle o a tre stelle boutique, selezionando quelli con giudizi migliori. A questi ne abbiamo aggiunto uno a due stelle (che ne valeva di più) e uno quattro stelle che ci ha letteralmente “catturati” con le sue foto e che è risultato il migliore in assoluto. Abbiamo scelto tutte strutture con colazione compresa. Diciamo subito, e spiegheremo meglio poi, che la classificazione degli hotel, almeno per questa fascia di prezzo, è risultata non omogenea e non sempre affidabile.
Per quanto riguarda il budget, è opportuno tener presente che, per il cambio in moneta locale e per il tempo che intercorre tra la data di prenotazione e quella del pagamento effettivo, è necessario mettere in conto un’oscillazione dei prezzi che, salvo belle sorprese legate al mercato valutario, fa di solito, come nel nostro caso, lievitare leggermente i prezzi, soprattutto se calcolati con i convertitori reperibili su Internet.
Un elemento a favore dei turisti è, invece, che in Argentina se si viaggia con passaporto straniero e si paga con carta di credito internazionale o tramite bonifico bancario da banca estera non si è tenuti a pagare la tassa del 21% sui servizi di alloggio.
Una cosa che ci ha colpito è che nella quasi totalità delle strutture dove abbiamo alloggiato vi erano gatti. Se per molte persone questo è un vero piacere, per chi soffrisse di allergie la loro presenza negli spazi comuni potrebbe rappresentare un problema. In questi casi può essere utile informarsi prima di prenotare.

I trasferimenti

Per i trasferimenti da e per gli aeroporti, abbiamo di volta in volta controllato i prezzi sia su Internet (di solito si trovano nella pagina ufficiale degli aeroporti, alla voce Collegamenti) sia chiedendo all’hotel prenotato e abbiamo poi scelto il servizio più conveniente.
In qualche caso, come ad es. all’aeroporto di El Calafate, se si prenota da Internet si ha già uno sconto rispetto ai Taxi disponibili in aeroporto e, soprattutto, si ha uno sconto aggiuntivo sulla tratta di ritorno.

I Pagamenti

Durante il nostro viaggio è stato più facile ed economico cambiare denaro o pagare in Euro, piuttosto che prelevare dai bancomat, perché si ottenevano sconti o tassi di cambio migliori. Ufficialmente si può pagare ovunque con carta di credito, ma molti sono i negozi o i ristoranti che in questo caso applicano una percentuale in più che, al momento del nostro viaggio si aggirava sul 5,5%. Per capire dove convenisse cambiare, è stato sufficiente chiedere in hotel. È importante sapere che almeno uno dei cambi deve essere ufficiale, con ricevuta, perché, nel caso avanzassero pesos, è proprio questo documento che assicura la possibilità di riconvertirli in Euro, prima di lasciare il Paese. A proposito di cambio, è risultata utile una sottile tasca porta valuta da appendere al collo, sotto maglie o camicie.

Gli ingressi

Nessun viaggio organizzato di quelli da noi consultati comprendeva nel prezzo gli ingressi nei Parchi e nei Musei in programma. Il motivo è che sono piuttosto cari e in continuo aumento.
In guide come la Lonely Planet li trovate espressi in USA $, ma considerate, comunque, che anche questi prezzi sono, con molta probabilità, superati.
Importante sapere che ci sono Parchi il cui ingresso può essere pagato solo in contanti, in moneta locale

Il viaggio per 2 persone, di 21 giorni e 20 notti, così come lo descriviamo e senza i voli da e per l’Italia, è costato € 6.702,00 (€3.351,00 a persona).

Analizziamolo voce per voce.

€   184,00 per assicurazione sanitaria, voli, hotel e bagagli, valida 1 anno: si tratta di una spesa opzionale che, però, raccomandiamo
1577,00 per 5 voli interni
€   472,00 per trasporti (taxi, remís, autobus, metro, catamarano, pullman).
1.485,00 per 20 notti in Hotel e B&B a tre stelle più uno a quattro stelle
€   981,00 per mangiare: pranzo leggero e cena al ristorante, più caffetteria
1.684,00 per pacchetti escursione (Strada dei 7 Laghi, Cruce Andino più Peulla in jabali, Visita e cena in una estancia, Perito Moreno,  Peninsula di Valdes + avvistamento delle balene, Riserva di Punta Tombo).
€  319,00 per ingressi e biglietti (Parchi e Musei)

Si tenga presente che il nostro è stato un viaggio comodo, confortevole, senza eccessi, ma anche senza troppe limitazioni.

Il costo totale potrebbe scendere notevolmente:
-                     sostituendo uno o più trasferimenti aerei con pullman di linea
-                     utilizzando solo mezzi pubblici per i trasporti
-                     scegliendo ostelli (ce ne sono di ottimi) invece di hotel
-                     selezionando con attenzione i locali dove mangiare, perché ce ne sono davvero per tutti i gusti e per tutti i prezzi.

Dettaglio prezzi delle escursioni (a persona)

€   93,00 Macchina privata con guida da San Martin de Los Andes a Villa La Angostura (Ruta 40 dei sette Laghi)
€ 244,50 Cruce Andino da Puerto Varas in Cile a San Carlos de Bariloche in Argentina
€   27,50 escursione a Peulla
€   85,50 Estancia Nibepo Aike (Dìa de Campo con cena)
€ 124,00 escursione Perito Moreno (passerelle)
€   68,50 escursione a Isola H con 3 Marie
€ ..67,00 escursione alla Penisola di Valdés
€ ..67,00 Navigazione in semirigido per avvistamento balene
€ ..67,00 Escursione alla Riserva di Punta Tombo

Dettaglio prezzi degli Ingressi ai Parchi (a persona)

€   12,00 ingresso Parco Arrayanes
€     5,50 Entrata Parco Nazionale Vicente Pérez Rosales
€     4,50 Ingresso Parco Nazionale Los Glaciares
€   17,00 Entrata Parco Nazionale della Terra del Fuoco
€   20,00 Ingresso al Parco Peninsula Valdes
€   15,50 Ingresso Pinguinera Punta Tombo

Vi proponiamo il tour della Patagonia e della Terra del Fuoco che abbiamo sperimentato e che ci ha permesso di raggiungere alcune tra le località più turistiche ed affascinanti del mondo, in un fantastico percorso ad anello, con partenza e ritorno a Buenos Aires, costruito utilizzando il programma Visite Argentina, che consente di acquistare fino a 12 tratte aeree a persona, risparmiando sui costi di emissione dei biglietti.

In ogni regione sono poi disponibili pacchetti turistici per esplorare le diverse attrazioni locali, con offerte differenziate per attività (dalle visite ai musei agli sport estremi), per durata (dalla mezza giornata ai tour di più giorni). Si può decidere se organizzare da soli le diverse escursioni o se farsi accompagnare da guide esperte, se unirsi a gruppi o chiedere servizi personalizzati e tutto questo è facilmente prenotabile direttamente, tramite Internet.

Se mettere insieme da soli voli, alberghi e tour non vi appassiona, potete ricorrere ad agenzie locali professionalmente molto valide come ANDA  o SAY HUEQUE  che vi aiuteranno a confezionare il viaggio migliore per le vostre esigenze e che vi assisteranno durante l’intero soggiorno o percorso. Queste agenzie hanno anche il vantaggio di offrire soluzioni meno standardizzate rispetto a quelle che di solito possiamo trovare in Italia, a prezzi mediamente più contenuti.
Tornando alla nostra esperienza, abbiamo optato per un viaggio durato in tutto 21 giorni e 20 notti, ma, per chi avesse meno tempo a disposizione, si tenga presente che, con qualche accorgimento, avremmo potuto lo stesso cogliere il meglio dei luoghi visitati con un viaggio di due settimane. Diciamo che, qualsiasi sia il vostro itinerario, due settimane sono, a nostro avviso, la durata minima di soggiorno per giustificare un viaggio aereo così lungo dal nostro Paese.
Con meno tempo a disposizione, consigliamo di ridurre il numero delle tappe, se si vuole godere dei luoghi e limitare lo stress che deriva dallo stare continuamente con la valigia in mano.

Per quanto riguarda la stagione, noi siamo andati dal 15 novembre al 6 dicembre 2017, all’inizio dell’estate australe che corrisponde a grandissime linee al nostro 15 maggio-6 giugno. Scelta che ci ha permesso di cogliere la splendida fioritura primaverile argentina, dal lilla dei Jacaranda a Buenos Aires, al giallo delle ginestre della Patagonia. Se si pensa di affrontare lo stesso itinerario in altri periodi dell’anno, si consiglia di verificare le condizioni climatiche e la possibilità di effettuare o meno le escursioni descritte.

IL NOSTRO ITINERARIO

Buenos Aires, 4 notti
Zona dei laghi e Cruce andino, 5 notti in totale, di cui:
Villa La Angostura, 1 notte
Bariloche, 1 notte
Puerto Varas, Cile, 1 notte
Bariloche, 2 notti
El Calafate, 3 notti
Ushuaja, 3 notti
Penisola di Valdez, 3 notti
Buenos Aires, 2 notti

La stagione migliore per esplorare la Patagonia è l’estate, con temperature che raggiungono i 25 gradi, a meno che il viaggio non sia dedicato allo sci. I mesi più piovosi sono maggio e giugno.
I mesi più caldi, vale a dire da novembre a marzo, sono i più adatti per percorrere la RN 40.
Da giugno fino a metà dicembre è possibile avvistare le balene australi, che emigrano verso la Peninsula di Valdés, tenendo presente che luglio e agosto sono i mesi che registrano maggiori presenze (quelli per intendersi in cui è possibile vedere balene anche da terra (“direttamente dal letto dell’albergo, ma solo aprendo le tende”, come dicono scherzando, ma non troppo, le guide di Puerto Madryn), per poi diminuire gradualmente, fino a dicembre, in cui è necessario essere un po’ fortunati per vederne una o due.
Da metà settembre fino all’inizio di marzo è il periodo migliore per osservare la fauna costiera, tra cui leoni marini e pinguini
A metà novembre la primavera regala una ricca fioritura che, nel sud, riesce ad arrivare fin nella Terra del Fuoco. Le ginestre, in particolare, colorano di giallo siepi, scarpate e sottoboschi.

Perché la Patagonia, perché la Terra del Fuoco

  • Forse perché, a differenza dei luoghi a cui siamo abituati, la regione più meridionale del Sud America è caratterizzata da spazi infiniti, territori selvaggi e silenzi.
  • Per le due lunghissime strade che la percorrono per 5000 Km: la Ruta Nacional 40 con a fianco le Ande e la Ruta Nacional 3, lungo la costa orientale.
  • Per vedere e sentire avanzare il grande ghiacciaio Perito Moreno, nella sua continua lotta con le acque del Lago argentino.
  • Per arrivare alla fine del mondo e avvertire l’emozione dei grandi navigatori alle prese con la confluenza tra due Oceani.
  • Per trovarsi tra pinguini, foche, leoni marini, delfini e balene nel loro habitat naturale e riempirsi gli occhi dello spettacolare volo degli uccelli che vivono o attraversano queste regioni così lontane da noi.
  • Per il piacere di ritrovare le tracce e l’eredità dei tanti italiani che nel tempo hanno contribuito a creare l’attuale nazione Argentina.
  • Per non dimenticare gli antichi abitanti, quasi interamente eliminati perché si voleva una Patagonia bianca, ispanica e cattolica.

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